SuperP ha scritto:parti anche dai soli rapporti ENEA, che lo mettono al 40%.
al contrario, invece è lo stesso dato. 40% è il consumo degli edifici. 21% è quello residenziale; la differenza, 19%, è il consumo che avviene negli edifici del terziario (PA compresa, che però sta poco sopra 1% termico e sotto al 2% elettrico), ovvero quelli in cui c'è da guadagnare a intervenire. è da questi che bisogna partire, giacchè sono caratterizzati da consumi di energia intensi, costi energetici comunque elevati e nella grande maggioranza dei casi (o almeno di quelli più interessanti), poco o nessun valore estetico da preservare.
tu confondi "residenziale" con "edilizio", abbagliato dal fatto che il 95% della superficie costruita negli ultimi 20 anni è residenziale (fonte: ricerca cesi+enea). ma il consumo di energia è distribuito in modo *totalmente* diverso (ed è proprio perché il consumo energetico residenziale è sparpagliato su miliardi di m2 di costruito, che è irraggiungibile: per raggiungerlo si deve raccogliere non l'ago nel pagliaio proverbiale, ma innumerevoli aghi ciascuno in un pagliaio diverso; quello terziario è concentrato invece in una superficie molto più piccola).
gli obiettivi sui trasporti per il momento sono un immenso buco nero di progetti velleitari e risultati scadenti (d'altro canto, se soltanto il 5% di chi compra una nuova auto la compra a combustibili gassosi che costano la metà della benzina...); in azienda i risultati sul parco auto li abbiamo avuti, convertendo a metano e gpl; vedremo se un giorno ci sarà di meglio.
per l'agricoltura consiglio questa lettura:
http://www.qualenergia.it/articoli/2014 ... s-italiano tutto sommato è forse il solo settore dove sono disponibile all'idea di operare tramite sussidi, perché l'alternativa è lasciare campo al deserto (che in sud italia avanza al ritmo di migliaia e migliaia di ettari all'anno); in ogni caso la produzione di biogas è molto meno impattante dell'incenerimento diretto di cui parlavo (dove il 30% sono comunque rifiuti speciali; invece dal digestore esce concime, pardon ammendante di ottima qualità).
anche perché la struttura stessa dell'economia come la conosciamo porta i settori a mercato fisso come l'agricoltura verso la povertà, e quindi la società deve per forza sussidiarli, se non vuole che muoiano: allora meglio sussidiarli per fare qualcosa di utile (eliminare deiezioni altrimenti sversate, gassificare scarti altrimenti bruciati a cielo aperto), che sussidiarli e basta come abbiamo fatto finora. è una questione che vede l'energia come fattore collaterale ma premiante, come deve essere.
SuperP ha scritto:Ci sono molti altri studi fatti da altri che evidenziano invece come il FV non incida molto sulle bollette.
sono tendenziosi, in quanto prendono a misura le componenti del mercato di maggior tutela (cioè quello dei contratti residenziali di chi non ha aderito al mercato libero): questi contratti (che riguardano soltanto il 20% del totale dell'energia venduta) presentano percentuali largamente falsate rispetto alla media, giacchè sono caratterizzati da piccolissima potenza, allacciamento in bassa tensione (dove le perdite di rete sono maggiori), bassa intensità, e oneri di sistema volutamente mantenuti sotto controllo, come spiegato, oltre che accise maggiorate e iva non detraibile (per ovvie ragioni).
questi studi quindi applicano alla realtà una lente deformante: l'incidenza degli oneri di sistema è bassa sui contratti residenziali, ma nessuno per colpa dei costi dell'elettricità vende casa e trasloca all'estero. dove i costi dell'elettricità sono un problema (che piove sul bagnato di molti altri, senza dubbio: ma non è un buon motivo per aggiungerne ancora) è nel settore delle attività economiche, e in particolare in quelle allacciate in MT, che sono ovviamente quelle che fanno un uso di energia più intenso, che sono invece bastonate con durezza molto maggiore.
questa è la composizione del mese di dicembre 2013 di una bolletta MT di uno dei nostri ospedali:
- vendita dell'energia (somma di quota fissa per la potenza impegnata, costi dell'energia dalla nostra gara, dispacciamento e perdite di rete): 30.570 €
- oneri di rete (somma di quote fisse e variabili): 21.490 €
- imposte: 3.550 €
come vedi, gli oneri di rete (che sono per più del 90% determinati dagli oneri per le rinnovabili caricati sulla componente A3, fonte: AEEG) valgono quasi il 40% del costo totale (rispetto al 17% del contratto di maggior tutela). essi sono fissi e uguali per tutti, quindi una bolletta vale quanto tutte le altre, non c'è bisogno di alcuno "studio" per rendersi conto della realtà (anzi, nel settore privato chi è più bravo di noi a spuntare un prezzo più basso della quota energia avrà un'incidenza degli oneri anche maggiore).
da più parti è stata avanzata la proposta di scrivere "oneri per le rinnovabili" in una riga separata della bolletta, in modo da farne percepire l'entità con maggior chiarezza.
puoi leggere tutti gli studi che vuoi sul fatto che l'acqua del mare non è poi così salata (in fin dei conti meno del 4%), ma basta un sorso per scoprire la verità
giotisi ha scritto:Il primo è che, se vogliamo davvero risanare, gli interventi parziali son quanto di peggio si possa fare... Quindi, se una critica si deve fare a QUESTI incentivi o a qualunque forma di incentivo al risparmio energetico, è che in fondo, NON si puo' fare, o almeno non bene come si dovrebbe.
vedi che alla fine io sono più ambientalista di te, è solo che non lo vuoi ammettere
al contrario, gli interventi parziali sono l'unico viatico verso un possibile cambio di paradigma rispetto a quello attuale: è solo che occorre rovesciare la visione.
le considerazioni che ha fatto augusto anche in questo thread sono illuminanti: riduci il fabbisogno ed avere un impianto non regolato (e non modulante, aggiungo io) aumenta lo spreco. l'approccio all'efficienza pseudo-residenziale (dove il 90% del consumo è di energia termica, ed è sbriciolato in milioni di piccoli e piccolissimi impianti autonomi) è comprensibile visto che stiamo su un forum di termotecnici, ma è pure pernicioso assai.
in realtà, nel settore dove davvero si può incidere con l'ascia bipenne e non con il bisturi (quello terziario, appunto), le cose sono completamente diverse: il consumo energetico è spesso più elettrico che termico (se calcolato in termini di energia primaria, e non sommando i kWh, come vedo ancora oggi fare alcuni colleghi...), e altrettanto spesso concentrato in utenze di grande dimensione: i costi dell'energia sono inoltre comunque nettamente più bassi (mentre i costi della riqualificazione strutturale più elevati, perché gli edifici hanno spesso altezze di molti piani e grandi superfici vetrate).
l'approccio del sistema edificio-impianto è dunque completamente errato (argh! orrore, generazioni di termotecnici si rialzano dalla tomba per darmi la caccia...
): esso infatti immobilizza per tempi ultra-decennali enormi risorse in interventi dimostrativi (un singolo edificio riqualificato con tecniche "deep-renovation") non permettendo di generare un adeguato sistema auto-alimentante.
al contrario, operando su un patrimonio immobiliare vasto, occorre procedere per gradini paralleli: realizzare a tappeto singoli interventi mirati (ma ripetuti N volte in N edifici), di elevata convenienza, che ripristinano velocemente il capitale iniziale, in modo da poterlo reinvestire rapidamente in un "giro" successivo di ulteriori interventi, che a loro volta si auto-alimentano. prima la cogenerazione, poi gli interventi sui corpi illuminanti e sul trattamento aria, poi la riqualificazione delle centrali termiche e le valvole termostatiche, poi il telecontrollo, poi il fotovoltaico e le pompe di calore, poi i gruppi di pompaggio, poi... poi scopri che essendo arrivato a spendere la metà, riqualificare la struttura non è più necessario, e comunque non è più conveniente (giacchè implica un tempo di rientro ora più che doppio, sopra i 20 anni): a quel punto attendi tranquillamente che l'edificio debba essere rinnovato per motivi non energetici (ricordi? dentro ci si svolge un'attività che vale 100 volte di più dell'energia), in questo modo l'extracosto si ripaga in un lampo.
e bada che il risparmio energetico fatto così, non solo è molto più accessibile, non solo è raggiungibile in quantità complessive molto maggiori (la strategia italiana al 2020 stima risparmi energetici al 70% dal terziario e solo al 30% dal residenziale, come già detto), ma è fatto anche molto meglio: perché ci rende tutti più ricchi, direttamente (con i minori consumi) e indirettamente (creando delle attività economiche più redditizie, effetto 20x come già spiegato), e quindi lascia in tasca a tutti più soldi con cui finanziare interventi anche per proprio conto.
perciò il problema non è l'intervento puntuale, ma una mancanza di strategia nell'intervenire.
questa mancanza di strategia è inevitabile nel residenziale, dove N edifici fanno capo ad N*M proprietari diversi: è un problema che nessuna politica potrà mai risolvere, se non quella di che cosa insegniamo nelle scuole (che per sua natura richiede mezzo secolo, prima che gli scolari diventino a loro volta proprietari).
ecco perché per ridurre il consumo residenziale non si devono investire soldi pubblici più di tanto: perché non c'è modo di garantire un'allocazione adeguatamente efficiente dei soldi investiti, rispetto all'industriale. negli altri settori invece, noi energy manager potrem(m)o fare la differenza, se ne saremo capaci.