Ugo ha scritto:
La legge 220/2012, all'art.3 dice che: <<Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto
centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a
norma>>. La legge non si spinge oltre e lascia tutti nel caos. Se ci mettiamo a leggere le parti in neretto (evidenziate da me) troviamo che la possibilità di distacco dipende dalla soddisfazione delle due condizioni:
a) Che esso non porti squilibri notevoli. E questo, con la specifica del "notevoli", un qualsiasi tecnico "abilitato" lo può sottoscrivere.
b) Che non comporti "aggravio di spese" per gli altri condomini. Questo da solo, applicato alla lettera toglie ogni possibilità di distacco.
Ora per logica, dando per scontato che il modo di scrivere introverso del legislatore nulla toglie all'intenzione di permettere al singolo il distacco, certamente manca un punto di collegamento: la quantificazione dei costi che dovranno restare a carico del distaccato, in modo che gli altri non abbiano un aggravio di spesa.
A questo punto, il "Tecnico abilitato" dovrà quindi: dichiarare la condizione di non squilibrio e quantificare i costi che debbono restare a carico di chi si distacca.
A mio parere i costi sono:
1) Costi di gestione in quanto ditta che effettua la manutenzione, sia come costi per gestione ordinaria, sia eventuali costi per manutenzione straordinaria e conservativa.
2) Costo per perdite di distribuzione inteso come il costo del combustibile equivalente all'energia termica che si considera persa nella rete di distribuzione, tenuto conto (in aumento) del fattore di rendimento di produzione.
Ugo ha scritto:Per completare il discorso in modo sensato dovremo dire che:
a) Il legislatore ha solo stabilito che il singolo si può staccare;
b) Di conseguenza il condomino deve essere in grado di definire quali siano i costi da addebitare. Lo dovrebbe fare attraverso una perizia di "tecnico abilitato", opportunamente approvata dall'assemblea condominiale.
c) Il distaccante deve dichiarare la disponibilità all'accollo dei costi definiti dal condominio.
Di fatto (e questo è quanto io ho chiesto al mio condominio), l'amministratore dovrebbe provvedere, se ancora non fatto, a far fare una perizia sulle caratteristiche dell'impianto in modo da avere i dati utili alla bisogna. In particolare io ho suggerito di far definire dei costi orari, in modo da poter rivedere i valori assoluti delle quote addebitabili ai distaccati, in ordine alle scelte di gestione degli orari di esercizio.
Tutto questo, fatto dal condominio, deve garantire il principio di terzietà tenendo conto che quanto risulta dalla perizia e poi dalle decisioni assembleari potranno poi essere applicate a tutti coloro che volessero accedere allo stesso distacco.
Non è semplice, che tutti abbiano accesso al distacco, con le medesime condizioni.
Il problema è che, con l'aumentare dei distacchi, ad un certo punto l'impianto sarà soggetto a "notevoli squilibri" , ed a quel punto, il (malcapitato) distaccante (e gli altri successivi), sarà costretto a non potersi distaccare, oppure accollarsi le spese per riequilibrare l'impianto, con evidente disparità di trattamento (economico e di diritto) tra i condomini distaccanti.
Per assicurare a tutti i condomini una equità nel distacco, la diagnosi energetica, (a mio parere) dovrebbe contenere anche, una valutazione che definisca, sulla base della progressione dei condomini distaccanti, il momento in cui l'impianto sarà soggetto a "notevoli squilibri", in modo che al superamento di tale punto, anche i condomini prima distaccati, siano soggetti a contribuire alle spese di equilibratura dell'impianto.