recentemente mi sono imbattuto in due casi (siamo in Emilia Romagna), in cui i proprietari di abitazioni civili singole, mi hanno chiesto fattibilità per dividere l'impianto esistente in due impianti separati.
Contesto comune ad entrambe le richieste:
ABITAZIONE CIVILE DISPOSTA SU DUE PIANI, INGRESSO COMUNE IN VANO SCALA;
OGNI PIANO HA SUBALTERNO PROPRIO, QUINDI SONO DUE UNITA' IMM SEPARATE CON DIVERSI PROPRIETARI
UNA CALDAIA A SERVIZIO DI ENTRAMBI I PIANI CON POTENZA AL FOCOLARE <35kW.
Ora, leggendo attentamente il punto D.2 della delibera 1261 del 25/07/2022 della regione E.R., mi viene da pensare che al fine di dividere i due impianti occorra giustificare prima la fattibilità tecnico/economica simulando l'inserimento di contabilizzatori, simulare impianto di coge etc.. etc..
Riporto estratto:
D.2 CONFIGURAZIONE IMPIANTI TERMICI
1. Nel caso di sostituzione del generatore di calore, nuova installazione di impianti termici o di ristrutturazione
dell’impianto esistente di potenza termica nominale del generatore maggiore o uguale a 100 kW, ivi compresa la
trasformazione dell’impianto centralizzato mediante il distacco anche di un solo utente/condomino, è fatto obbligo di
realizzare preliminarmente una diagnosi energetica dell’edificio e dell’impianto che metta a confronto le diverse
soluzioni impiantistiche compatibili e la loro efficacia sotto il profilo dei costi complessivi (investimento, esercizio e
manutenzione). La soluzione progettuale prescelta deve essere motivata nella relazione tecnica di cui all’art. 8 comma
2 dell’Atto, sulla base dei risultati della diagnosi. La diagnosi energetica deve considerare, in modo vincolante ma non
esaustivo, almeno le seguenti opzioni:
a) impianto centralizzato dotato di caldaia a condensazione con contabilizzazione e termoregolazione del calore per
singola unità abitativa;
b) impianto centralizzato dotato di pompa di calore elettrica o a gas con contabilizzazione e termoregolazione del
calore per singola unità abitativa;
c) le possibili integrazioni dei suddetti impianti con impianti solari termici;
d) impianto centralizzato di cogenerazione;
e) stazione di teleriscaldamento collegata a una rete efficiente come definita al decreto legislativo n. 102 del 2014;
f) per gli edifici non residenziali l’installazione di un sistema di gestione automatica degli edifici e degli impianti
conforme al livello B della norma EN 15232.
Facendo espressamente riferimento alla parola DIAGNOSI ENERGETICA, mi viene da intendere una relazione redatta da EGE, che, a seguito di analisi di consumi (derivanti da bollette e curve di assorbimento), abbia la capacità di evidenziare in maniera OGGETTIVA ed imparziale la convenienza a scindere i due impianti o meno.
Premetto che non sono EGE e non ho mai sostenuto alcun corso in merito (ma è già inserito nella mia personale lista TO DO).
Perchè allora continuo a sentire in giro voci che mi suggeriscono di fare un semplice ante e post operam avvalendomi del software, eseguendo calcoli secondo normative che non rientrano nel campo di applicazione delle DIAGNOSI ma rientrano (non proprio tutte) nel campo della CERTIFICAZIONE ENERGETICA???(ad esempio, se dovessi fare una diagnosi, non userei un regime continuato di funzionamento impianto, ma bensì attenuato nelle ore notturne.. etc.. etc..).
E' prassi adottare questo metodo per diagnosi di "piccolo" calibro???
Qual'è la vostra opinione al riguardo?
Grazie a tutti.
