Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Normativa Termotecnica, Impianti di riscaldamento, Legge 10/91, DLgs 192/05, ecc.

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mat
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Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da mat »

Dovendo bilanciare un vecchio impianto condominiale a radiatori con colonne montanti, mi chiedevo se fosse il caso di ricorrere a valvole tipo le V5001 della Honeywell (costose e da regolare ancora sul campo una volta installate) oppure andare sui più pratici (ed economici) autoflow posti sul ritorno ad ogni base colonna...
Graditi in particolare resoconti di esperienze sul campo :)
mat
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da mat »

Nessuno?
SimoneBaldini, tu certamente sei tra gli esperti :)
SuperP
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da SuperP »

mat ha scritto:Nessuno?
Gli esperti direbbero che intanto non fare niente, poi se c'è scompenso agisci.
Alcuni ti consiglierebbero di leggere il penultimo numero della rivista caleffi.

C'è poi da considerare che se metti le VT e la pompa a porta variabile, in qualche maniera, c'è già un bilanciamento decente.

E pompa a portata variabile e autoflow assieme non sono l'accoppiata del secolo.
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gararic
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da gararic »

ma andando a tarare i vari rami del circuito senza cambiare la pompa siam (abbastanza) sicuri che funziona
mettere pompe a portata variabile in impianti esistenti, magari complessi . . . siam tranquilli che tutto gira regolarmente ?
riccardo - affetto da superbonus
francis
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da francis »

rimarrei sulle valvole di taratura, tipo cazzaniga o caleffi, le monti e le tari in base alle reali condizioni di esercizio a pieno carico (con valvole termostatiche tutte aperte).
arkanoid
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da arkanoid »

Se monti delle valvole a posizione fissa su un impianto a portata variabile secondo me fai solo un danno.
Se un lato ad esempio è esposto sud e ha un grosso calo di fabbisogno e l'altro esposto nord no, ti trovi il secondo ramo che chiede di più che ha la sua bilanciamento che perde 3 metri e il ramo che chiede poco con la bilanciamento che non perde più niente e squilibra il tutto.
Se hai le termostatiche sei a posto.
redigere redigere redigere
mat
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da mat »

SuperP ha scritto:Gli esperti direbbero che intanto non fare niente, poi se c'è scompenso agisci.
Mi trovo appunto nella situazione che c'è scompenso, sul quale il progettista che ha riqualificato non è intervenuto...
SuperP ha scritto:Alcuni ti consiglierebbero di leggere il penultimo numero della rivista caleffi.
Già fatto; peccato che loro siano, come dire, necessariamente di parte? :mrgreen:
SuperP ha scritto:E pompa a portata variabile e autoflow assieme non sono l'accoppiata del secolo.
Paolo, evidentemente tu l'ultimo numero della rivista non l'hai letto, e probabilmente neanche le altre loro dispense. Riprova e controlla :mrgreen:
gararic ha scritto:mettere pompe a portata variabile in impianti esistenti, magari complessi . . . siam tranquilli che tutto gira regolarmente ?
No, e anche su quelli poco complessi, fidati. Infatti è per questo che mi hanno interpellato :mrgreen:
arkanoid ha scritto:Se monti delle valvole a posizione fissa su un impianto a portata variabile secondo me fai solo un danno.
No, la situazione è migliore di quella con impianto sbilanciato (meno sovraportata sui rami favoriti), lo dice qualsiasi trattazione in merito; e se ti fai due ragionamenti considerando le leggi che governano portata e prevalenza, capisci che hanno ragione. Nota: la situazione è migliore, ma non idilliaca.
arkanoid ha scritto:Se hai le termostatiche sei a posto.
Con quelle a preregolazione magari (non sempre) sì, con le altre no. Nel senso che se le montanti non sono equilibrate tra loro, apriti cielo. Circolava un bel video proprio sull'homepage di Caleffi, al riguardo; tra l'altro, lì invece degli autoflow fanno vedere proprio della valvole tipo le Honeywell che citavo prima. Che per inciso, forse non si era capito, sono dei dispositivi di bilanciamento dinamico al pari degli autoflow.

No, quello che volevo sapere io è, se qualcuno ci ha avuto a che fare sul campo, se sono preferibili le une o gli altri e perchè.
Mimmo_510859D
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Mimmo_510859D »

mat ha scritto:Circolava un bel video proprio sull'homepage di Caleffi, al riguardo; tra l'altro, lì invece degli autoflow fanno vedere proprio della valvole tipo le Honeywell che citavo prima. Che per inciso, forse non si era capito, sono dei dispositivi di bilanciamento dinamico al pari degli autoflow.

No, quello che volevo sapere io è, se qualcuno ci ha avuto a che fare sul campo, se sono preferibili le une o gli altri e perchè.
Mai utilizzate (purtroppo). Però a quanto ne so le Caleffi Autoflow garantiscono la costanza della portata mentre le V5001 Honey, che sono le equivalenti dei regolatori di pressione differenziale Caleffi, garantiscono la costanza della prevalenza tra mandata e ritorno in una sezione del circuito al variare della portata. O, in parole povere, i primi sono dei stabilizzatori di portata al variare della prevalenza e i secondi sono dei stabilizzatori di pressione al variare della portata. Quindi, nel tuo caso, e sulla carta, io farei installare lo stabilizzatore di pressione giacché hai un impianto a portata variabile per via delle valvole termostatiche.
Andrea70
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Andrea70 »

Ho appena progettato un impianto di mini teleriscaldamento per serre (1 MW di centrale). Avevo l'aerotermo più vicino a 50 metri dalla centrale, il più lontano a 600 m.
La mia preoccupazione principale era ovviamente lo sbilanciamento di portata fra il corpo scaldante più vicino e il più lontano a causa del differenziale di perdite di carico.
Ogni aerotermo (in 8 serre diverse, impostate a temperature diverse per la varie coltivazioni) ha una valvola di zona a 2 vie pertanto la portata generale dell'impianto è variabile.
HO calcolato la perdita di carico a valvole di regolazione tutte aperte per l'aerotermo più lontano per calcolare la prevalenza della pompa (a portata variabile ovviamente) , e poi ho applicato delle autoflow (la coster ha un bellissimo prodotto che incorpora 2 zone e autoflow nella stessa valvola) su ogni aerotermo.
L'impianto funziona benissimo (avevo un po' di preoccupazione data l'estensione della rete) e la lettura della pressione sulla pompa a lavoro ha confermato con buona approssimazione il dato di calcolo (fiuuuu :) ) .... quindi autoflow e pompa a portata variabile non sono cose che di escludono a vicenda. Anzi, in casi come questo devono essere previste entrambe.

Credo che questo esempio, possa adattarsi al caso del condominio.
Ronin
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ronin »

se metti l'autoflow con le valvole due vie per forza che l'impianto funziona: lo hai trasformato in un impianto a portata costante: a quel punto mettevi una flangia tarata (i nostri idraulici direbbero: regolavi a mano la lente della farfalla) e avevi lo stesso risultato... :wink:

mi schiero con mimmo (gli autoflow si usano sul ricircolo sanitario e negli impianti a portata fissa; negli impianti a portata variabile sono contrari allo scopo voluto, essendo dispositivi che tendono a mantenere la portata costante).
SuperP
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da SuperP »

Ronin ha scritto: negli impianti a portata variabile sono contrari allo scopo voluto.
vediamo se anche a te ha il coraggio di scrivere quel che scrive a me.
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Ronin
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ronin »

chi? non ho capito...
SuperP
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da SuperP »

Ronin ha scritto:chi? non ho capito...
mat ha scritto:
SuperP ha scritto:E pompa a portata variabile e autoflow assieme non sono l'accoppiata del secolo.
Paolo, evidentemente tu l'ultimo numero della rivista non l'hai letto, e probabilmente neanche le altre loro dispense. Riprova e controlla :mrgreen:
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mat
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da mat »

SuperP ha scritto:vediamo se anche a te ha il coraggio di scrivere quel che scrive a me.
Sì, ce l'ho :mrgreen:
Ronin, evidentemente non conosci bene il principio degli autoflow, cosa che ovviamente non conoscevo neanche io prima di leggere le loro dispense.
Un giro nella loro biblioteca tecnica (oltre agli articoli usciti nel tempo sulla rivista Idraulica, c'è una specie di quaderno tecnico specifico per il bilanciamento circuiti) chiarisce molto le idee.
Vi sfugge, a te e Mimmo, che l'autoflow mantiene sì costante la portata, ma dei circuiti che non regolano (ovvero, non da più portata di quello che a loro serve, dunque non ne toglie ad altri circuiti): il circuito regolato necessariamente ricevere meno portata, in base appunto alla regolazione del suo dipositivo di regolazione (valvola termostatica o due vie motorizzata che sia).

@ Mimmo: vero quanto dici circa la differenza circa la grandezza regolata dai due sistemi (valvole di bilanciamento e autoflow). Ma dal momento che le due grandezze (parliamo di portata e pressione) sono interdipendenti, ti accorgi facilmente che alla fine l'effetto è lo stesso: mantengo costante la portata sui rami che non stanno regolando e dunque anche la differenza di pressione ai loro capi. Mi chiedo solo quale dei due dispositivi sia più efficace nel mio caso specifico, dato che sono entrambi consigliati dai produttori.
Mimmo_510859D
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Mimmo_510859D »

Sinceramente dalla dispensa Il bilanciamento dinamico dei circuiti idraulici della Caleffi non ricordo di aver letto chissà quali novità rispetto a quanto riportato nella rivista idraulica. C'erano sì diversi esempi ma tutti riconducibili ad impianti a portata costante (autoflow sulle colonne) o ad impianti a portata variabile ad impulsi (autoflow sui terminali).
Mimmo_510859D
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Mimmo_510859D »

Scusa mat, forse non ho capito la tua situazione... ma nel tuo impianto ci sono o no le valvole termostatiche sui terminali? Perché se non ci fossero allora per una questione di praticità andrei di autoflow. Però, ripeto, mai provati come dispositivi.
Ronin
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ronin »

mat ha scritto: Sì, ce l'ho :mrgreen:
così ricicli pure il nome proprio...
in effetti non la ho letta. nel weekend la leggo, poi rispondo
mat
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da mat »

Mimmo_510859D ha scritto: C'erano sì diversi esempi ma tutti riconducibili ad impianti a portata costante (autoflow sulle colonne) o ad impianti a portata variabile ad impulsi (autoflow sui terminali).
No no, guarda bene: in figura 28, pagina 36 della dispensa è riportato un caso di ventilo con valvole a due vie modulanti. Oppure guarda la raccolta delle applicazioni, la numero 11.

Sì nel mio impianto ci sono le termostatiche, chiaro; se così non fosse, proporrei delle valvole di bilanciamento statiche, e fine del problema.
Andrea70
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Andrea70 »

Ronin, mi spiace ma del mio impianto, se dici che è a portata fissa, davvero non hai capito come funziona.
Più a portata variabile di quello non esiste. Leggi bene cosa ho scritto.
Ciao.
Ugo
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ugo »

Gli autoflow sono dei REGOLATORI DI PRESSIONE (Caleffi le chiama regolatori di portata per motivi di comprensione dal momento che il fine ultimo è di regolare la portata). Potremmo dire che regolano la pressione (quindi la mantengono costante) operando variazioni di portata; infatti la pressione che tende ad aumentare a valle della valvola fa scorrere il pistone e realizza una riduzione della luce di passaggio del fluido. Di fatto regolando la pressione non è vero che regolo la portata, infatti se ho una valvola termostatica in chiusura, la strozzatura della valvola mi farebbe salire la pressione nel tubo il che fino ad un certo punto non mi regola il flusso del termovettore che tende ad aumentare la velocità mantenendo la portata. Con un autoflow, mantengo stabile la pressione nella condotta e di conseguenza ad una strozzatura corrisponde una immediata diminuzione del flusso di termovettore.
Ma probabilmente l'uso delle autoflow ha una diversa peculiarità, infatti se tutto fosse per far lavorare meglio le termostatiche sarebbe molto limitativo. Di fatto, regolando la pressione a valle, al diminuire della portata globale, mi aumenta la pressione a monte delle autoflow e quindi nel circuito principale. Se ho una pompa a portata variabile questa adegua la sua velocità con risparmi energetici che potrebbero essere di rilievo ed evitando velocità del fluido incontrollate.
Per quanto detto, in un impianto che non abbia zone o termostatiche, gli autoflow non hanno motivo di essere installate. Assolvono benissimo il compito di regolazione delle valvole a regolazione fissa abbinate a flussometro.
markciccio
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da markciccio »

Ugo ha scritto:Gli autoflow sono dei REGOLATORI DI PRESSIONE (Caleffi le chiama regolatori di portata per motivi di comprensione dal momento che il fine ultimo è di regolare la portata).
Scusate ma l'autoflow è UNO STABILIZZATORE DI PORTATA, per definizione. Forse non è molto chiaro il principio i base. In ogni caso, per farla breve, all'interno del range di funzionamento (tipicamente 22-220 kPa) della pressione differenziale tra monte e valle del dispositivo, la portata che passa è costante (con un minimo di tolleranza). Quindi, se metto un autoflow alla base di una colonna (con una pompa a giri fissi o variabile non cambia il ragionamento) su quella colonna passerà sempre la portata che decide l'autoflow. Non è un ostabilizzatore di pressione. Se tutte le termostatiche di quella colonna chiudono e quindi la portata richiesta è inferiore a quella di taratura, l'autoflow darà quella portata, probabilmente inferiore a quella di taratura dell'autoflow. In questo caso si comporterà come una valvola completamente aperta, fissa.
Non vedo molte difficoltà per capire questo funzionamento. Sulle riviste Idraulica o sui quaderni Caleffi trovate moltissimi casi.
Pompa a giri variabili, autoflow, termostatiche e bypass differenziali in cima alle colonne montanti sono una ottima combinazione per far lavorare bene impianti di una certa età adeguati ai più recenti obblighi di installazione per il risparmio energetico. Saluti a tutti.
Ronin
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Iscritto il: sab giu 20, 2009 12:57

Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ronin »

markciccio ha scritto:Scusate ma l'autoflow è UNO STABILIZZATORE DI PORTATA... all'interno del range ... su quella colonna passerà sempre la portata che decide l'autoflow
è quello che dico anch'io (ho letto la dispensa http://www.caleffi.it/it_IT/caleffi/Fil ... 011_it.pdf molto velocemente, sono usciti gli atti di due convegni...).
come si vede a pagina 17, il ramo su cui l'autoflow è montato lavora a portata costante al variare della pressione in tutto il campo di regolazione dell'autoflow medesimo

ora se io faccio come andrea70, e sul ramo metto in serie autoflow e valvola a due vie, quando la due vie chiude per ridurre la portata l'autoflow sente la pressione aumentare ed apre, e viceversa: la regolazione diventa sostanzialmente on/off, con il ramo che lavora a portata costante, e la valvola a due vie che comanda solo in chiusura ed apertura totale (fuori dal campo dell'autoflow), mentre in tutti gli altri casi l'autoflow ne annulla l'azione mantenendo costante la portata ed impedendo alla valvola di regolare (con gli effetti sul comfort che si possono immaginare, nel caso si trattasse di un impianto con funzioni di comfort): si genera così un continuo pendolamento tra la posizione di massima portata e la posizione chiuso.

notate infatti che alle pagine 21-22 della dispensa, quando viene trattato il caso di impianto a carico parziale, il carico parziale NON corrisponde al caso di terminali regolati a carico ridotto, bensì alla chiusura totale di alcuni rami: questa è la tipica situazione cui porta l'uso degli autoflow negli impianti a portata variabile, e cioè quella in cui i terminali vengono gestiti con una regolazione on-off (caso che però non è ottimale in nessuna situazione impiantistica): in questo caso infatti i terminali chiusi sono chiusi, i terminali aperti vengono tenuti a portata costante dagli autoflow, la pompa a giri variabili riduce la portata sul ramo principale ponendola pari alla somma delle portate (nominali) di tutti i rami aperti, che ovviamente è inferiore alla portata nominale totale: in questo modo si genera un "risparmio" di consumi elettrici rispetto alla portata costante.

si tratta comunque di una regolazione estremamente rozza per quanto riguarda il controllo della temperatura in ambiente (che viene effettuato con logica "PWM" se mi passate l'analogia elettrica, e cioè con alternanze di portata nominale e chiusura totale). ciò negli impianti dove i terminali sono ad aria (es. UTA o travi fredde) provoca effetti di pendolamento inaccettabili, oltre a portate medie che sono globalmente superiori a quelle che si avrebbero se il terminale fosse gestito in modo proporzionale dalla due vie sull'intero campo di regolazione.

anche se montati sulle colonne (e non sui singoli terminali), gli autoflow fanno sì che l'impianto si comporti come un impianto a portata "limitata" (ovvero in cui gli autoflow lavorano tutti aperti nelle colonne più sfavorite, e in chiusura su quelle favorite riducendo la portata in eccesso al valore nominale), anche qui con risparmi rispetto alla portata costante, ma ben lontani da una situazione di portata variabile proporzionale (la portata complessiva cioè è comunque sempre superiore a quella ottimale, perché l'autoflow tiene il ramo a portata costante anche se alcuni terminali sono chiusi).
visto che le pompe di circolazione son microscopiche, la differenza in kWh è piccola, ma tutto il popò di dispositivi installato è decisamente sottoutilizzato.
anche se, va detto, la soluzione con valvole manuali è ancora peggiore.

la soluzione corretta per far lavorare gli impianti a portata variabile, è invece quella di applicare i regolatori di pressione differenziale: allora sì, che le due vie regolano i singoli terminali a portata variabile, e i regolatori di pressione regolano le colonne a portata variabile.
oppure, negli impianti più ramificati, esistono valvole come le PICCV della belimo che accoppiano il regolatore di pressione e la due vie in un unico dispositivo.
nella nuova torre della regione lombardia, con migliaia di travi fredde ciascuna dotata in fase di progetto della coppia valvola due vie + autoflow, l'installatore ha dovuto sostituire tutto con valvole di questo tipo per poter mantenere correttamente le temperature evitando i pendolamenti continui che in un edificio tutto vetro causavano rivolte coi forconi.

questo il link ad un documento assai interessante, che spiega nel dettaglio quanto ho sommariamente riassunto: https://app.box.com/s/h2fb8aenxrwg76u8i21b
Ugo
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ugo »

Ringrazio per i link. Quello della caleffi lo avevo già letto e l'ho riletto di nuovo, quello sulle valvole modulanti Belimo non lo avevo visto. E' comunque interessante.
Tutto sommato le modulanti Belimo sono valvole a farfalla con stabilizzatore di pressione in modo che al variare della luce di passaggio corrisponda una proporzionale variazione di portata senza che intervengano le alterazioni dovute alla variazione della pressione differenziale.
Nel sistema Caleffi è la stessa cosa ma il discorso tecnico è più interessante.
Intanto parlavamo di pressione a valle dell'autoflow (almeno io valutavo il fenomeno in questa direzione) invece la pressione che rimane costante è quella ai capi dell'utilizzatore.
Diciamo che mettere una autoflow in serie ad un utilizzatore fa lo stesso che mettere (per chi sa di elettricità) una resistenza variabile in serie ad un utilizzatore elettrico.
Ai capi del sistema utilizzatore + autoflow , con i circuiti tutti aperti, c'è una pdc (perdita di carico/pressione differenziale) data dalla somma della pdc dell'utilizzatore + la pdc dell'autoflow.
Quando alcuni circuiti si chiudono sul nostro sistema tende ad aumentare la portata che di conseguenza porterebbe ad una aumento della pdc . In questo caso l'autoflow tende a chiudere il flusso generando ai suoi capi un aumendo di pdc. Con la particolare geometria dell'otturatore Caleffi fa in modo (e ci riesce salvo dettagli) che l'autoflow assorbe su di se tutta la variazione di pdc del ramo. In pratica al variare delle condizioni di lavoro si osserva una variazione della pdc ai capi dell'autoflow ed una pdc costante ai capi dell'utilizzatore protetto dall'autoflow.
Se volessi esprimerlo in parole diverse potrei dire che all'aumento delle condizioni di prevalenza della pompa (che tenderebbe a spostare + acqua, i circuiti protetti da autoflow aumentano la propria pdc e portano la pompa a spostare il proprio punto di lavoro corrispondente alla minore quantità di acqua in proporzione al numero di circuiti chiusi.

Nella ipotesi di mettere autoflow a valle di una utenza regolata da una modulante, si verificherebbe che alla parziale chiusura della regolazione l'autoflow sente meno acqua e tende a compensare gradualmente aprendo tutto il passaggio e diventando inutile. Stessa cosa con le valvole termostatiche.
In buona sostanza questi regolatori sono utili a non sovralimentare e andrebbero quindi accompagnati dal pompe a portata variabile altrimenti il loro utilizzo risulta circa inutile.
Ronin
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ronin »

il sistema caleffi (con autoflow) è totalmente diverso, perché ognuno dei rami che è dotato di un autoflow lavora soltanto in due modalità: completamente chiuso, oppure alla portata nominale dell'autoflow. ciò non corrisponde affatto a quello che normalmente si intende per "portata variabile" (=sistema dove ogni terminale può variare la propria richiesta di portata in modo proporzionale a seconda della richiesta di energia in ambiente) e pur comportando un risparmio di energia rispetto alla situazione di portata costante, una gestione del genere comporta comunque un eccesso di pompaggio (anche con pompe a portata variabile), oltre ai problemi di pendolazione continua tra erogazione nominale e fermo (che possono essere avvertiti o meno a seconda della criticità dell'applicazione, e dell'inerzia del terminale stesso).
Mimmo_510859D
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Mimmo_510859D »

Ho visionato lo schema di figura 28 a pagina 36 della dispensa (come ha detto mat) dove sono state montate delle valvole auotflow su tutti i ritorni degli stacchi che alimentano i terminali che sono anche gestiti da valvole modulanti montate sulle mandate degli stacchi, come dice la dispensa stessa. Devo essere sincero, non ho capito nemmeno tale schema: ho sempre pensato che 'sti benedetti dispositivi fanno sì che nel ramo dove sono installati passi sempre la stessa portata di fluido, fintantoché la valvola lavora nel suo range di funzionamento. Fuori da tale range la valvola è una comunissima valvola. Fuori da tale range non vedo il senso di utilizzo di un tale dispositivo.
Pertanto, e dando per scontato di far lavorare l'auotoflow nel suo normale campo di azione, non vedo come quelle valvole di regolazioni modulari dello schema di cui prima possano, appunto modulare se non in modo on-off ottenendo, come già detto prima, un sistema a portata variabile ad impulsi. Ho applicato un semplice bilancio di massa al singolo terminale
Però, giacché mat è uno che sa il fatto suo, mi viene il dubbio che mi è sfuggito qualcosa nel funzionamento delle autoflow.
markciccio
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da markciccio »

Ronin ha scritto:il sistema caleffi (con autoflow) è totalmente diverso, perché ognuno dei rami che è dotato di un autoflow lavora soltanto in due modalità: completamente chiuso, oppure alla portata nominale dell'autoflow. ciò non corrisponde affatto a quello che normalmente si intende per "portata variabile" (=sistema dove ogni terminale può variare la propria richiesta di portata in modo proporzionale a seconda della richiesta di energia in ambiente) e pur comportando un risparmio di energia rispetto alla situazione di portata costante, una gestione del genere comporta comunque un eccesso di pompaggio (anche con pompe a portata variabile), oltre ai problemi di pendolazione continua tra erogazione nominale e fermo (che possono essere avvertiti o meno a seconda della criticità dell'applicazione, e dell'inerzia del terminale stesso).
Non so se ho capito bene ma quello che scrivi è riferito a un impianto dotato di valvole a due vie on-off o in generale.
Comunque l'autoflow può essere visto come un "limitatore" di portata, quella nominale di targa. Però se la portata nel ramo dove viene inserito l'autoflow non arriva a quella nominale (perchè c'è per esempio una valvola a due vie parzialmente aperta), l'autoflow rimane completamente aperto (dando una perdita di carico come se fosse una valvola con un passaggio fisso, tipo un foro calibrato), fornendo la portata che "deciderà" la valvola a due vie modulante. Quindi non è vero che lavora con due portate, quella nulla e quella massima ma ha un campo di lavoro anche sotto alla portata nominale facendo in modo di non superare mai quel valore. Poi magari si parlava del caso particolare e ho capito male.

In ogni caso forse vado un po' a ripetere quanto avete già scritto però in caso di impianto classico degli anni '60 a colonne montanti con le valvole termostatiche su ogni radiatore, l'uso dell'autoflow su ogni colonna secondo me può dare una buona base per un facile bilanciamento delle portate (giusto quello, però) ma la soluzione ottimale è l'utilizzo di regolatori di pressione differenziale. Questi garantiscono che in ogni istante il delta p su ogni colonna è sempre lo stesso e hanno anche una funzione di bilanciamento. Tutto questo viene spiegato sulla rivista Idraulica Caleffi a pagina 14:
http://www.caleffi.it/it_IT/caleffi/Det ... _44_it.pdf
in cui si può leggere questa nota:

Osservazioni:
Dunque i regolatori di ΔP possono agire anche come
valvole di taratura automatiche. Per tale motivo,
negli impianti con regolatori di ΔP non è necessario,
in genere, ricorrere ad impegnative operazioni
di bilanciamento delle portate.
SimoneBaldini
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da SimoneBaldini »

http://www.honeywell.it/home/news/detta ... 4/2011/50/
Per quanto ne so le autoflow non sono da usare su impianti a portata variabile, sulle colonne con valvole termostatiche si utilizzano quelle differenziali (spiegate da pagine 23). La valvola ha lo scopo di dare una pressione differenziale costante sulla colonna indipendentemente dalla portata.
Le autoflow le usi quando vuoi una determinata portata costante su un utilizzo, ma francamente capita molto di rado casi del genere sul civile e sull'idraulico, diverso è su impianti aeraulici dove le "autoflow" si usano piu' spesso, soprattutto oggi con impianti VMC dove le portate in gioco di ogni bocchetta sono dell'ordine di qualche decina di mc/h, impossibile da tarare manualmente, ma che con delle valvoline autotaranti riesci a fare i miracoli.
Mimmo_510859D
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Mimmo_510859D »

markciccio ha scritto:Non so se ho capito bene ma quello che scrivi è riferito a un impianto dotato di valvole a due vie on-off o in generale.
Comunque l'autoflow può essere visto come un "limitatore" di portata, quella nominale di targa. Però se la portata nel ramo dove viene inserito l'autoflow non arriva a quella nominale (perchè c'è per esempio una valvola a due vie parzialmente aperta), l'autoflow rimane completamente aperto (dando una perdita di carico come se fosse una valvola con un passaggio fisso, tipo un foro calibrato), fornendo la portata che "deciderà" la valvola a due vie modulante. Quindi non è vero che lavora con due portate, quella nulla e quella massima ma ha un campo di lavoro anche sotto alla portata nominale facendo in modo di non superare mai quel valore. Poi magari si parlava del caso particolare e ho capito male.
In altre parole facendo lavorare l'autoflow fuori dal suo normale campo di azione che, poi, dovrebbe essere il motivo per cui è stato inventando. E questo punto mi chiedo... cosa lo metto a fare un tale dispositivo?
Come hai anche detto tu
In ogni caso forse vado un po' a ripetere quanto avete già scritto però in caso di impianto classico degli anni '60 a colonne montanti con le valvole termostatiche su ogni radiatore, l'uso dell'autoflow su ogni colonna secondo me può dare una buona base per un facile bilanciamento delle portate (giusto quello, però) ma la soluzione ottimale è l'utilizzo di regolatori di pressione differenziale. Questi garantiscono che in ogni istante il delta p su ogni colonna è sempre lo stesso e hanno anche una funzione di bilanciamento. Tutto questo viene spiegato sulla rivista Idraulica Caleffi a pagina 14:
http://www.caleffi.it/it_IT/caleffi/Det ... _44_it.pdf
in cui si può leggere questa nota:
Meglio uno stabilizzatore di pressione
Ugo
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ugo »

Pressappoco abbiamo tutti capito a cosa servono gli autoflow. Impediscono gli aumenti di portata entro il range di azione per cui sono state costruite.
Il guaio è che però impediscono anche la diminuzione del flusso nella misura in cui, al momento della taratura gli sia stato assegnata una pressione differenziale di partenza. Voglio dire, se al momento della taratura avrò fatto in modo tale da assegnare una pdc di partenza per bilanciare il ramo, fino a che la diminuzione di flusso dovuta alla chiusura di una modulante non raggiunge certi valori, l'autoflow mi restituisce quello che la modulante toglie e ne invalida l'effetto ai fini della riduzione di flusso.
markciccio
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da markciccio »

Mimmo_510859D ha scritto: In altre parole facendo lavorare l'autoflow fuori dal suo normale campo di azione che, poi, dovrebbe essere il motivo per cui è stato inventando. E questo punto mi chiedo... cosa lo metto a fare un tale dispositivo?
Come hai anche detto tu

Meglio uno stabilizzatore di pressione
Infatti in questi casi l'autoflow non risolve tutti i problemi, anzi. Meglio i regolatori di pressione differenziale messi sulle colonne, che bilanciano e contemporaneamente creano le migliori condizioni per far lavorare le valvole termostatiche. Con i regolatori di pressione, una volta capito come funzionano (che non è per niente intuitivo) risolvi. Le termostatiche non fischiano (la pressione differenziale in eccesso sulla valvola se la "mangia" il regolatore), il circolatore di centrale (elettronico, mai a giri fissi altrimenti il sistema non funziona) riesce a garantire la corretta circolazione del fluido vettore. Io parlo di termostatiche perchè è il caso più comune però vale con qualunque valvola modulante sulla portata.
markciccio
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da markciccio »

Ugo ha scritto:Pressappoco abbiamo tutti capito a cosa servono gli autoflow. Impediscono gli aumenti di portata entro il range di azione per cui sono state costruite.
Il guaio è che però impediscono anche la diminuzione del flusso nella misura in cui, al momento della taratura gli sia stato assegnata una pressione differenziale di partenza. Voglio dire, se al momento della taratura avrò fatto in modo tale da assegnare una pdc di partenza per bilanciare il ramo, fino a che la diminuzione di flusso dovuta alla chiusura di una modulante non raggiunge certi valori, l'autoflow mi restituisce quello che la modulante toglie e ne invalida l'effetto ai fini della riduzione di flusso.
Se intendi che l'autoflow sotto la pressione differenziale minima di lavoro non stabilizza la portata, è ovviamente vero. Si ha una riduzione del flusso solo parziale come se fosse un passaggio fisso. Sta al progettista fare in modo di avere sempre, anche nel ramo più sfavorito, una pressione differenziale minima superiore ai 22kPa. Altrimenti se non sono sicuro di questa cosa l'autoflow ha una utilità limitata.

Ed è per questo motivo che con le portate di un impianto a colonne montati con valvole termostatiche (che hanno potenzialmente portate bassissime o comunque molto variabili) l'autoflow non ha molto senso. Limita per un po', poi comandano le termostatiche.

Comunque sul depliant dell'autoflow sul sito Caleffi ci sono un po' di esempi, da notare che si tratta sempre di dispositivi messi soprattutto sul corpo scaldante singolo:

http://www.caleffi.it/it_IT/Technical_b ... /01041.pdf

Vengono inseriti sulla base delle colonne montanti solo in un caso, se abbiamo radiatori con valvole manuali. L'autoflow un minimo lo conosco ed ha molti pregi ma ci sono applicazioni dove non è il sistema migliore per bilanciare la portata.
mat
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da mat »

Sono contento che l'argomento abbia suscitato un buon dibattito, tuttavia dalla disparità di pareri mi viene da concludere che nonostante la notorietà di tali dispositivi e la loro diffusione (perlomeno nei cataloghi dei produttori) il loro funzionamento non è così chiaro ai più, perlomeno nel forum. Per inciso, forse neanche a me: per quanto ringrazi Mimmo del complimento, non ho mai avuto occasione di testare l'efficacia di impianti con autoflow, sto approfondendo anch'io la materia e può darsi che mi sbagli.
Però leggo la documentazione Caleffi, dove sono chiaramente citati casi di impianti con regolazione 2 vie modulante, persino un caso come quello di colonne montanti con radiatori e vt, e dunque il dubbio mi viene. Peraltro sono anche stato ad un corso Honeywell specifico sul bilanciamento dei vecchi impianti, e anche lì in alternativa alle valvole a pressione differenziale venivano proposti i regolatori di portata...

Personalmente sono vicino come posizione a markciccio, in particolare sul seguente passaggio che secondo me è fondamentale:
markciccio ha scritto:Comunque l'autoflow può essere visto come un "limitatore" di portata, quella nominale di targa. Però se la portata nel ramo dove viene inserito l'autoflow non arriva a quella nominale (perchè c'è per esempio una valvola a due vie parzialmente aperta), l'autoflow rimane completamente aperto (dando una perdita di carico come se fosse una valvola con un passaggio fisso, tipo un foro calibrato), fornendo la portata che "deciderà" la valvola a due vie modulante. Quindi non è vero che lavora con due portate, quella nulla e quella massima ma ha un campo di lavoro anche sotto alla portata nominale facendo in modo di non superare mai quel valore. Poi magari si parlava del caso particolare e ho capito male.
Vedere infatti la curva di regolazione sulle dispense. Mimmo domanda a cosa serve far lavorare l'autoflow fuori dal campo di lavoro? Ma non lavora fuori dal campo di lavoro, sui rami che non stanno regolando: e sono proprio quelli su cui serve intervenire per evitare che si ciuccino troppa portata, o troppo poca. Sui rami che invece stanno regolando, l'autoflow "va dietro" al dispositivo di regolazione, come avevo già detto in precedente post.
Infatti, contrariamente a quanto detto da Ronin, quando la valvola è in chiusura, e come dice la pressione ovviamente aumenta, l'autoflow non apre, al contrario strozza il suo orifizio per evitare che passi maggior portata di quanto è la sua taratura. Dunque lavora nello stesso verso della valvola: l'autoflow strozza per mantenere costante la portata, la valvola per ridurla. L'effetto complessivo è appunto la riduzione di portata.
Ronin
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ronin »

partiamo dal fatto che l'effetto pendolamento è un fatto realmente osservato... :wink:

ormai abbiamo capito che l'autoflow è un limitatore di portata: se ci spingi contro troppa prevalenza, frena la portata aumentando la sua perdita di carico, se aumenta la prevalenza nel circuito, diminuisce la propria per tenere la portata costante
mat ha scritto:quando la valvola è in chiusura, e come dice la pressione ovviamente aumenta, l'autoflow non apre, al contrario strozza il suo orifizio per evitare che passi maggior portata di quanto è la sua taratura. Dunque lavora nello stesso verso della valvola: l'autoflow strozza per mantenere costante la portata, la valvola per ridurla. L'effetto complessivo è appunto la riduzione di portata.
quando la valvola è in chiusura aumenta la perdita di carico, non la pressione differenziale: la pressione differenziale vista dall'autoflow diminuisce, perché la caduta sulla valvola a due vie aumenta (la pompa ancora non si è adeguata, quindi ho una prevalenza della pompa uguale a prima e un aumento di perdita di carico sul ramo, ovvero una pressione residua più bassa ai capi dell'autoflow, che si trova in serie alla perdita di carico della valvola).
perciò abbiamo due casi:
a) siamo ancora nel campo di regolazione dell'autoflow e allora l'autoflow mantiene costante la portata, aprendosi (la valvola non regola alcunché, la portata rimane nominale, la pompa resta dov'è)
b) siamo fuori dal campo di regolazione dell'autoflow, quindi l'autoflow è completamente aperto:

la regolazione, che prima vedeva una valvola che chiudeva 10-20-30-80-90% e la portata che restava costante, sta muovendo la valvola con una retroazione che sente che non accade nulla: improvvisamente però l'autoflow va fuori campo utile e la valvola a quel punto chiude completamente in tempi molto rapidi* (la pompa a quel punto riduce la prevalenza utile, perché la portata si è ridotta), poi riapre perché a quel punto la portata è troppo bassa (l'ambiente chiede più caldo/freddo) e ricomincia il balletto

*tieni conto che anche la valvola a due vie viene alterata nel suo funzionamento, perché essendo più bassa la sua autorità (c'è un autoflow che aumenta la perdita di carico del circuito), la sua regolazione non è più equipercentuale, per cui prende il sopravvento la curva "dello scambiatore" (per usare la terminologia del documento belimo): ciò significa che la curva è meno lineare, ovvero a valvola molto chiusa le variazioni sono più repentine: anche questo fatto si traduce nell'effetto pendolamento, perché la valvola lavora solo in un piccolo campo di regolazione (basta chiudersi poco di più per provocare una grande riduzione della portata).
poiché ci troviamo già nel campo basso di regolazione della due vie (sotto il 20% di apertura la due vie ha già di suo dei problemi a regolare anche in condizioni corrette), l'imprecisione del posizionamento innesca le pendolazioni.

a differenza dei terminali ad aria (UTA e travi fredde), in cui usare gli autoflow è veramente un salto nel buio a vostro rischio e pericolo, nel caso dei radiatori ciò non genera effetti disastrosi (come invece sulle batterie delle uta), sia perché il terminale è molto più massiccio e quindi smorza con la sua inerzia le variazioni del flusso di acqua all'interno (trasmettendo comunque all'ambiente una quantità di calore "mediata" dalla capacità termica della sua massa), sia perché il sistema di regolazione stesso è molto più "autoritaria" (la valvola termostatica è mossa dalle variazioni di volume di un liquido, la cui pressione di espansione quindi in breve supera qualsiasi dP aggiuntivo in linea, la due vie da un motore elettrico, che ha la coppia che ha). queste inerzie ovviamente smorzano un sistema che di per sé sarebbe del tutto scorretto.
il maggior consumo di pompaggio rimane, ma poiché le portate dei circuiti di riscaldamento (soprattutto con radiatori ad alta temperatura) sono comunque piccole, esso non crea un danno economico grave.

per quanto mi riguarda il contributo che sintetizza la discussione è quello di superP:
SuperP ha scritto:pompa a portata variabile e autoflow assieme non sono l'accoppiata del secolo.
:wink:
mat
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da mat »

Ronin ha scritto:quando la valvola è in chiusura aumenta la perdita di carico, non la pressione differenziale: la pressione differenziale vista dall'autoflow diminuisce,
Mi riferivo alla pressione differenziale ai capi del circuito derivato (il circuito del singolo terminale su cui è posta la due vie). Diciamo anche che perdita di carico e pressione differenziale quanto a significato sono sinonimi eh.
Ronin ha scritto:la pressione differenziale vista dall'autoflow diminuisce, perché la caduta sulla valvola a due vie aumenta (la pompa ancora non si è adeguata, quindi ho una prevalenza della pompa uguale a prima e un aumento di perdita di carico sul ramo, ovvero una pressione residua più bassa ai capi dell'autoflow, che si trova in serie alla perdita di carico della valvola).
Ti sei espresso male spero... se la pompa non si è ancora adeguata, la sua prevalenza è aumentata, essendosi spostato il suo punto di funzionamento in ragione dell'aumento di pendenza della curva caratteristica del circuito. Di conseguenza la portata è già diminuita. Esattamente quello che succederebbe se avessi una pompa a portata costante. La pompa elettronica poi riduce i giri per riportarsi alla prevalenza precedente (regolazione a pressione costante) o addirittura ridurla (regolazione a portata proporzionale, detta anche "rischiosa" :) ): in pratica rispetto al punto di funzionamento della pompa a velocità costante ci spostiamo in basso sulla verticale corrispondente alla portata ridotta. La pompa elettronica non regola una portata, ma una pressione (d'altronde non ha un flussimetro, poverella, ma un trasduttore di pressione).
Ronin
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ronin »

mat ha scritto:Diciamo anche che perdita di carico e pressione differenziale quanto a significato sono sinonimi eh.
certamente si tratta sempre di differenze di pressione; è che poi finiamo per fare confusione, perché si tratta di differenze di pressione tra punti diversi del circuito.
ci riprovo, facendo uno sforzo di chiamare le cose in modo diverso, sperando di non fare più confusione ancora:
prevalenza = dP impresso dalla pompa ai capi del circuito
caduta di pressione = dP a cavallo (tra monte e valle) dell'autoflow
perdita di carico = dP a cavallo (tra monte e valle) della valvola di regolazione (due vie sul terminale)

la differenza fondamentale tra il regolatore di pressione differenziale e l'autoflow, è che l'autoflow è montato in linea (è sul ritorno e non dispone di un sensore sulla mandata): esso quindi è sensibile alla caduta di pressione (dP su se stesso), mentre il regolatore di pressione differenziale è sensibile alla prevalenza (dP ai capi del circuito, avendo appunto un sensore che sta sull'altro lato).

ora, quando la due vie chiude, la portata si riduce, ed aumentano sia la prevalenza sia la perdita di carico (dP sulla valvola), ma la caduta di pressione (dP sull'autoflow) invece si riduce.
se ci pensi, è evidente che a valvola a due vie completamente aperta, la prevalenza è circa uguale alla caduta di pressione (a meno delle perdite del circuito), per cui è l'autoflow a regolare e tenere costante (=limitare) la portata.
mentre con valvola a due vie quasi totalmente chiusa, la perdita di carico è praticamente uguale alla prevalenza (a meno delle perdite base dell'autoflow, il dP è tutto sulla valvola a due vie, perché non c'è praticamente più flusso), e pertanto l'autoflow è scarico (luce totalmente aperta).

perciò, poiché natura non facit saltus, in posizione intermedia, con la valvola a due vie che sta chiudendo, l'autoflow sta aprendo, per cercare di mantenere la portata: è certamente vero che quando la due vie chiude, la prevalenza impressa dalla pompa aumenta, ma aumenta anche la perdita di carico sulla valvola, sicchè complessivamente la caduta di pressione residua sull'autoflow si riduce (è abbastanza normale che la prevalenza vari di ben poco, visto che essa dipende dal comportamento dell'intero circuito, e si sta muovendo una sola valvola a due vie delle decine o centinaia che il circuito comprende: ciò mi spingeva a dichiararla costante, anche se evidentemente hai ragione a dire che aumenta).
perciò l'autoflow si oppone alla variazione, finchè può, tenendo costante la portata, poi rimane totalmente aperto e la due vie finalmente chiude.

d'altro canto, se ci pensi, se le cose andassero come dici tu (e cioè ad un aumento di perdita di carico del terminale corrispondesse una chiusura dell'autoflow), viene da chiedersi l'autoflow a cosa mai potrebbe servire: se il terminale avesse un suo organo di regolazione, l'autoflow sarebbe inutile (agirebbe nello stesso senso del terminale), e se non ce lo avesse, l'autoflow sarebbe dannoso (agirebbe amplificando le condizioni erronee, invece di opporvisi).
in realtà sarebbe dannoso in ogni caso, perché ridurrebbe ancora di più l'autorità della valvola a due vie: il risultato dell'azione della coppia valvola a due vie + autoflow "rovescio" sarebbero comunque pendolazioni impresse, anzi il circuito pendolerebbe con continuità dal minimo al massimo (invece pendola soltanto fuori dal campo dell'autoflow, nel campo dell'autoflow rimane a portata costante).

il risultato in termini di comfort sarebbe anche peggiore, perché si andrebbe continuamente dalla totale chiusura alla totale apertura, invece la regolazione con autoflow è costante a tratti: l'autoflow accoppiato con regolazione sui terminali agisce appunto come limitatore, impedendo che passi troppa portata anche se la pompa è regolata per spingere eccessivamente; ma ai regimi intermedi, i terminali passano alla regolazione on-off (la pompa chiaramente sente le differenze di pressione e quindi riduce la portata complessiva, per cui il circuito lavora a portata variabile: ma poiché i rami lavorano costanti a tratti, il consumo totale è comunque maggiore di quello necessario per mantenere la portata media, e se i terminali non hanno inerzia adeguata la loro erogazione diventa inaccettabilmente discontinua: fatto questo realmente osservato, come ti dicevo).
Ugo
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Iscritto il: dom giu 16, 2013 15:06

Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ugo »

Fin qui devo dire che la tesi di Ronin è quella più attendibile e volendo riprendere il suo pensiero e aggiungendo qualche dettaglio voglio tentare di rendere una spiegazione più elementare possibile.

Nel campo di lavoro dell'autoflow:
pD ai capi del circuito = pD valvola di regolazione + pD autoflow = costante - l'aumento di pD ai capi della regolatrice è compensato dalla diminuizone di pD ai capi dell'autoflow - la luce di passaggio offerta dalla valvola regolatrice si riduce mentre la luce di passaggio offerta dall'autoflow aumenta - la valvola di regolazione non ha alcun effetto sul circuito fino a che l'autoflow non esce dal suo campo di regolazione. Per contro la valvola effettua la chiusura molto rapidamente dal momento che l'autoflow esce dal campo di regolazione.
Nel campo di regolazione dell'autoflow la parziale chiusura della valvola non porta alcun effetto neanche sugli altri rami dell'impianto.
Giusta l'osservazione di Ronin sul pendolamento e sulle più brusche variazioni di portata, infatti in questo caso la valvola di regolazione (modulante) tende a comportarsi come una valvola a solenoide (chiusura rapida tendente all'on-off).
Questo effetto perverso dall'autoflow è parzialmente evitabile con una regolazione del suo set point prossimo al suo valore minimo di pD che però spesso non si concilia con la necessità di bilanciamento iniziale dell'impianto in condizioni stazionarie.

Quando la valvola di regolazione avrà chiuso completamente, l'autoflow diventa inutile e la diminuzione totale di portata alla pompa produrrà effetti diversi e avremo:
1) Nel caso di pompa a portata variabile (giri variabili): si sposta il suo punto di lavoro e gli altri circuiti non risentono della chiusura del circuito di cui abbiamo trattato. La prevalenza ai capi della pompa resta costante e la portata diminuisce per il valore di flusso che assorbiva il circuito che ha chiuso.
2) Caso di pompa a portata fissa (giri fissi): si sposta il suo punto di lavoro diminuendo la portata per la quantità di flusso del circuito chiuso e aumentando la sua prevalenza. Detta prevalenza è compensata da aumento di perdita di carico (pD) ai capi delle autoflow dei circuiti aperti

Da qui le seguenti riflessioni:
a) In caso di pompa a portata variabile: le autoflow provocano pendolamento (osservato da Ronin e dimostrato nelle riflessioni sopra) e non servono a compensare la chiusura di alcuni circuiti in quanto alle variazioni di portata provvede la pompa.
L'utilità delle autoflow si limita alla possibilità di bilanciamento dei circuiti in condizioni stazionarie.
b) In caso di pompa a giri fissi: le autoflow servono al bilanciamento iniziale in condizioni stazionarie nonché mantenere la stabilità delle portate riassorbendo le variazioni di prevalenza della pompa alla progressiva chiusura dei circuiti. Resta comunque una sostanziale limitazione della funzionalità delle valvole di regolazione per restringimento del loro campo di intervento.
mat
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da mat »

Ripnredo per chiudere il cerchio.
Ugo ha scritto:Nel campo di lavoro dell'autoflow:
pD ai capi del circuito = pD valvola di regolazione + pD autoflow = costante - l'aumento di pD ai capi della regolatrice è compensato dalla diminuizone di pD ai capi dell'autoflow - la luce di passaggio offerta dalla valvola regolatrice si riduce mentre la luce di passaggio offerta dall'autoflow aumenta - la valvola di regolazione non ha alcun effetto sul circuito fino a che l'autoflow non esce dal suo campo di regolazione. Per contro la valvola effettua la chiusura molto rapidamente dal momento che l'autoflow esce dal campo di regolazione.
Nel campo di regolazione dell'autoflow la parziale chiusura della valvola non porta alcun effetto neanche sugli altri rami dell'impianto.
Giusta l'osservazione di Ronin sul pendolamento e sulle più brusche variazioni di portata, infatti in questo caso la valvola di regolazione (modulante) tende a comportarsi come una valvola a solenoide (chiusura rapida tendente all'on-off).
Questo effetto perverso dall'autoflow è parzialmente evitabile con una regolazione del suo set point prossimo al suo valore minimo di pD che però spesso non si concilia con la necessità di bilanciamento iniziale dell'impianto in condizioni stazionarie.
Sono d'accordo sulla prima parte: possiamo dire che l'autoflow nel momento in cui la relativa valvola 2 vie chiude si oppone al cambiamento di portata che la suddetta vorrebbe generare, fintanto che non arriva a totale apertura del suo otturatore (quando la pressione ai suoi capi arriva all'estremo inferiore del suo campo di lavoro); dopodichè si comporta come una qualsiasi altra resistenza fissa del circuito e la valvola.
Possiamo dunque dire che tanto più la pressione differenziale sull'autoflow, in condizioni di portata di progetto, è maggiore del valore minimo del suo campo di lavoro, tanto più limiterà la corsa utile della valvola rispetto alla sua corsa massima quando questa cercherà di ridurre la portata. Ma siamo sicuri che questo sia un male? Non è forse lo stesso principio delle valvole termostatiche con preregolazione? Limitare la corsa dell'otturatore (o ridurne la sezione di passaggio che è lo stesso) proporzionalmente alla necessità di portata e alla disponibilità di prevalenza per ciascun terminale.
Una cosa non ho capito: gli effetti di pendolamento di cui parli tu Ronin, li hai osservati dal vivo su circuiti dotati di autoflow? Oppure sono solamente deduzioni? Nel primo caso, sei sicuro che ciò fosse dovuto ai regolatori di portata? Io tra l'altro ho telefonato a Caleffi e mi è stato confermato che questi dispositivi possono funzionare tranquillamente su circuiti modulanti senza interferire con la regolazione (mi auguro che abbiano fatto anche delle prove sul campo prima di metterli in produzione, no?).

A margine, per Ronin e quanti ancora si stanno chiedendo a che cosa dovrebbe servire l'autoflow, ribadisco che la sua funzione è quella di non squilibrare la portata sui circuiti che NON stanno regolando. Quanto sopra lo stiamo dicendo per ragionare se ci siano effetti collaterali sui circuiti che invece stanno regolando; in quel momento è ovvio che l'azione degli autoflow su quei circuiti non è richiesta.
Ronin
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Re: Bilanciamento impianto: meglio autoflow?

Messaggio da Ronin »

non li ho osservati di persona (in quanto mai arrischiato ad impiegare questi apparecchi negli impianti con terminali aeraulici, e vi sconsiglio fortemente di correre il rischio), mi sono stati riferiti da persone di cui ho piena fiducia (vedi il caso reale che ho citato nella discussione). come ho detto si trattava di impianti con terminali ad aria, regolati con valvole motorizzate a due vie, e non con valvole termostatiche.

ti domandi se la presenza dell'autoflow completamente aperto sia un male: la risposta è positiva, dal momento che ogni resistenza aggiuntiva riduce l'autorità della valvola di regolazione ed altera l'equipercentualità della regolazione. ma per come la vedo io il punto chiave è l'inerzia del terminale: negli impianti con terminali massivi come i radiatori e regolatori come le termostatiche ad espansione di liquido gli autoflow non sono in grado di creare danni gravi (perché mentre il servomotore ha la potenza che ha, all'espansione di liquido della termostatica non ci si può opporre, quindi anche senza equipercentualità il circuito funziona e l'erogazione di calore in ambiente non pendola grazie all'inerzia data dalla massa del terminale).
resta un maggiore consumo di energia di pompaggio dovuto alla "rozzezza", ma se adottarlo fa spendere sensibilmente di meno dell'utilizzo di regolatori più raffinati (come quelli che hai citato all'inizio della discussione), è una scelta che può valer la pena di fare: tra l'altro se installati sul ritorno di colonna (e non sul ritorno di ogni singolo terminale) l'effetto pendolamento non si verificherà, perché ragionevolmente il dP residuo indotto dall'autoflow montato sul ramo "grosso" (cioè con il diametro più elevato) non altera sensibilmente le prestazioni della regolazione montata sul ramo "stretto" (e quindi la valvola sul terminale dovrebbe avere adeguata autorità).

PS: io non mi chiedo a cosa servono gli autoflow, l'autoflow è un limitatore (e non un regolatore) di portata, quella che facevo era una domanda retorica. oltre a degli usi dove è "non così dannoso", se ci siamo capiti sul significato della discussione, ha anche degli usi dove è molto utile, per esempio nei grandi circuiti ad anello d'acqua dei centri commerciali, dove il suo impiego è indispensabile per garantire che ad ogni negozio in cui il centro è suddiviso arrivi la portata minima d'acqua, oppure come limitatore di portata sul bypass del primario delle grandi centrali frigorifere.
sarebbe di grande aiuto anche nei circuiti di ricircolo, ma non mi sono mai fidato ad impiegarlo visto quanto è sottile la sede dello "spillo": temo che lo si dovrebbe ben presto rimuovere per blocco da incrostazioni
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