Volendo valutare per via semplificata i consumi involontari la UNI 10200 dice di considerarli una percentuale (compresa, secondo il tipo di edificio tra il 20% e il 30%) del fabbisogno IDEALE di energia utile calcolato per l'edificio, quindi prende a riferimento un consumo teorico fisso e immutabile.
Questo sistema applicato in certi casi porta a risultati assurdi.
In caso di scarso utilizzo degli impianti (es riscaldamento di condomini di case vacanza utilizzate prevalentemente in estate senza produzione centralizzata di ACS) può verificasi il caso che chi utilizza poco gli impianti abbia un costo di consumi volontari NEGATIVO mentre chi ha consumi volontari nulli ha un costo per i consumi volontari ovviamente pari a 0....
Quindi accertato quanto sopra (vedere in proposito ciò che afferma il tecnico SOCAL) che si fà?
Secondo me in attesa che della nuova UNI 10200 si dovrebbe considerare una percentuale FISSA ma dei consumi REALI che ovviamente variano di anno in anno; direi più o meno coincidente con il complenento a 100 del rendimento globale medio annuale dell'impianto in esame ( es rendimento globale 80% -- 100-80= 20... la percentuale dei consumi involontari è il 20% dei consumi reali dell'anno termico che si sta contabilizzando...)
Che ne dite??
Determinazione dei consumi involontari
Moderatore: Edilclima
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Re: Determinazione dei consumi involontari
altra questione inapplicabile della UNI su cui sono stati spesi fiumi di parole.
La quantità fissa è applicabile solo se viene misurata da contatori di calore. Se metto contatori a monte e a valle del sistema di distribuzione ho una misura certa delle dispersioni e ho risolto il problema.
Però chi mette i contatori, almeno da me, è una minoranza, la maggior parte hanno radiatori e vanno tutti con i ripartitori perchè costano meno.
Il ripartitore però non misura i kwh ma scatti termici adimensionali, quindi io non conosco il consumo a valle, ne segue che non ci faccio nulla anche con quello a monte e quindi non posso misurare le dispersioni, le devo quindi STIMARE, parola magica.
Ovviamente qualunque stima tu faccia è sbagliata, le dispersioni dipendono infatti dai tempi di utilizzo, dai gradigiorno, dal numero degli utilizzatori e da una miriade di altri fattori che è impossibile portare in conto.
Tra l'altro se calcoli una quota fissa in kwh è un dato scarsamente utilizzabile per chi fa la ripartizione, al limite dovresti dargli i mc di gas, in modo tale che di anno in anno loro si ricalcolano la percentuale.
Tuttavia questo sistema è comunque opinabile perchè in valutazione A2 le dispersioni vengono calcolate con h24 mentre le dispersioni dell'impianto sono una funzione lineare o quasi del n° di ore di funzionamento, e tra l'altro non necessariamente con calcolo analitico.
A questo punto perchè crearsi tutti questi problemi quando la UNI 10200 fornisce già una bellissima tabella che già da la percentuale. Io applico quella, sicuramente non è contestabile, poi se non corrisponde al valore reale delle dispersioni pazienza
La quantità fissa è applicabile solo se viene misurata da contatori di calore. Se metto contatori a monte e a valle del sistema di distribuzione ho una misura certa delle dispersioni e ho risolto il problema.
Però chi mette i contatori, almeno da me, è una minoranza, la maggior parte hanno radiatori e vanno tutti con i ripartitori perchè costano meno.
Il ripartitore però non misura i kwh ma scatti termici adimensionali, quindi io non conosco il consumo a valle, ne segue che non ci faccio nulla anche con quello a monte e quindi non posso misurare le dispersioni, le devo quindi STIMARE, parola magica.
Ovviamente qualunque stima tu faccia è sbagliata, le dispersioni dipendono infatti dai tempi di utilizzo, dai gradigiorno, dal numero degli utilizzatori e da una miriade di altri fattori che è impossibile portare in conto.
Tra l'altro se calcoli una quota fissa in kwh è un dato scarsamente utilizzabile per chi fa la ripartizione, al limite dovresti dargli i mc di gas, in modo tale che di anno in anno loro si ricalcolano la percentuale.
Tuttavia questo sistema è comunque opinabile perchè in valutazione A2 le dispersioni vengono calcolate con h24 mentre le dispersioni dell'impianto sono una funzione lineare o quasi del n° di ore di funzionamento, e tra l'altro non necessariamente con calcolo analitico.
A questo punto perchè crearsi tutti questi problemi quando la UNI 10200 fornisce già una bellissima tabella che già da la percentuale. Io applico quella, sicuramente non è contestabile, poi se non corrisponde al valore reale delle dispersioni pazienza
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Re: Determinazione dei consumi involontari
Si, è vero, applicare la UNI 10200 è più semplice e anche comodo, giuridicamente nessuno può dirmi che ho sbagliato ..... ma in caso di consumi molto bassi come fai a spiegare che i condomini che non hanno consumato nulla (costi consumi volontari =0) devono pagare (costo volontario+costo involontario) di più di chi invece un pochino effettivamente si è scaldato ....
Credo che sia opportuno oltre che eticamente doveroso nei confronti dei clienti individuare un criterio equo, sia pure nel quadro di una norma per molti aspetti perfettibile.
Credo che sia opportuno oltre che eticamente doveroso nei confronti dei clienti individuare un criterio equo, sia pure nel quadro di una norma per molti aspetti perfettibile.
Re: Determinazione dei consumi involontari
in caso di consumi molto bassi la cosa più logica è dimostrare la non convenienza economica della contabilizzazione del calore
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Re: Determinazione dei consumi involontari
Sono d'accordo, quando i consumi sono bassi la contabilizzazione non è conveniente, calcoli il VAN, fai la relazione e fine.
Ma a mio avviso in questo caso il paramentro di riferimenrto non possono essere i consumi REALI STORICI perchè nel tempo possono variare; in altre parole per stabilire se la contabilizzazione non conviene dobbiamo tenere conto dei consumi TEORICI o quantomeno ai consumi riferibili all'uso NORMALE (es. residenziale continuativo se si tratta di abitazioni) dell'immobile, questo perchè altrimenti sarebbe troppo facile aggirare per via "economica" l'obbligo del 102/141; ma questo è un'altro argomento di discussione.
Inoltre si deve tenere conto anche di quei casi in cui la contabilizzazione sarà o è già stata fatta a prescindere dalla convenienza ecomonica ( anche perchè la questione della convenienza economica mi risulta che non sia tenuta molto in considerazione, non solo da chi vende o installa ripartitori, ma anche dagli stessi termotecnici )
Quello che vorrei individuare è un criterio univoco di determinazione del rapporto consumi volontari/involontari che, anche se necessariamente approssimato, sia chiaro e trasparente e non porti a risultati assurdi se applicato in determinate condizioni.
A questo proposito ho visto in rete delle ipotesi di ripartizione del rapporto vol/invol in funzione del rapporto consumo reale/teorico (se non sbaglio la proposta è dell'ing SOCAL) che mi sembra valida...
Vorrei sapere le opinioni di altri o metodi alternativi in attesa della revisione della UNI10200..
Ma a mio avviso in questo caso il paramentro di riferimenrto non possono essere i consumi REALI STORICI perchè nel tempo possono variare; in altre parole per stabilire se la contabilizzazione non conviene dobbiamo tenere conto dei consumi TEORICI o quantomeno ai consumi riferibili all'uso NORMALE (es. residenziale continuativo se si tratta di abitazioni) dell'immobile, questo perchè altrimenti sarebbe troppo facile aggirare per via "economica" l'obbligo del 102/141; ma questo è un'altro argomento di discussione.
Inoltre si deve tenere conto anche di quei casi in cui la contabilizzazione sarà o è già stata fatta a prescindere dalla convenienza ecomonica ( anche perchè la questione della convenienza economica mi risulta che non sia tenuta molto in considerazione, non solo da chi vende o installa ripartitori, ma anche dagli stessi termotecnici )
Quello che vorrei individuare è un criterio univoco di determinazione del rapporto consumi volontari/involontari che, anche se necessariamente approssimato, sia chiaro e trasparente e non porti a risultati assurdi se applicato in determinate condizioni.
A questo proposito ho visto in rete delle ipotesi di ripartizione del rapporto vol/invol in funzione del rapporto consumo reale/teorico (se non sbaglio la proposta è dell'ing SOCAL) che mi sembra valida...
Vorrei sapere le opinioni di altri o metodi alternativi in attesa della revisione della UNI10200..
Re: Determinazione dei consumi involontari
In caso di contabilizzazione diretta i consumi involontari si calcolano per differenza di letture tra consumo totale e consumo delle singole utenze.studioclima ha scritto:Sono d'accordo, quando i consumi sono bassi la contabilizzazione non è conveniente, calcoli il VAN, fai la relazione e fine.
Ma a mio avviso in questo caso il paramentro di riferimenrto non possono essere i consumi REALI STORICI perchè nel tempo possono variare; in altre parole per stabilire se la contabilizzazione non conviene dobbiamo tenere conto dei consumi TEORICI o quantomeno ai consumi riferibili all'uso NORMALE (es. residenziale continuativo se si tratta di abitazioni) dell'immobile, questo perchè altrimenti sarebbe troppo facile aggirare per via "economica" l'obbligo del 102/141; ma questo è un'altro argomento di discussione.
Inoltre si deve tenere conto anche di quei casi in cui la contabilizzazione sarà o è già stata fatta a prescindere dalla convenienza ecomonica ( anche perchè la questione della convenienza economica mi risulta che non sia tenuta molto in considerazione, non solo da chi vende o installa ripartitori, ma anche dagli stessi termotecnici )
Quello che vorrei individuare è un criterio univoco di determinazione del rapporto consumi volontari/involontari che, anche se necessariamente approssimato, sia chiaro e trasparente e non porti a risultati assurdi se applicato in determinate condizioni.
A questo proposito ho visto in rete delle ipotesi di ripartizione del rapporto vol/invol in funzione del rapporto consumo reale/teorico (se non sbaglio la proposta è dell'ing SOCAL) che mi sembra valida...
Vorrei sapere le opinioni di altri o metodi alternativi in attesa della revisione della UNI10200..
In caso di contabilizzazione indiretta ciò non è possibile. Occorre quindi stimare i consumi involontari. La 10200 dice che questi restano invariati nel tempo perchè calcolati applicando il Kinv ad una quota di energia costante nel tempo cioè il Qh,id,cli (fabbisogno ideale di energia termica dell'edificio). STUDIOCLIMA faceva notare come in presenza di edifici poco abitati questo valore Qh,id,cli x Kinv (in realtà l'errore qui è marchiano perchè il Kinv deve essere moltiplicato per il fabbisogno ideale di energia primaria in) può a volte essere inferiore al consumo totale e quindi si otterrebbero dei consumi delle singole utenze negativi.
Io sarei, pur sapendo che non è corretto (e comunque la 10200 di inesattezze ne ha più di una), per applicare il Kinv al consumo effettivo e non a quello teorico.
In condizioni normali di utilizzo non dovrebbe cambiare un granchè ed in condizioni di scarso utilizzo non ci troveremmo con dati paradossali.
Re: Determinazione dei consumi involontari
se l'edificio ha abitualmente un consumo molto basso un motivo ci deve essere, ad esempio è poco abitato, come nel caso di edifici per vacanze. A questo punto dovrebbe essere lecita la verifica di non convenienza sullo stato di consumo effettivo in pratica facendo una valutazione A3.
Leggi l'articolo di Soma a pag 20 della rivista
http://www.progetto2000web.it/assets/re ... 000-51.pdf
ad un certo punto dice:
"La non convenienza economica della contabilizzazione è dunque da ricondursi prevalentemente a circostanze particolari (quali ad esempio edifici a fattore di occupa- zione molto basso, la cui spesa annua di riscaldamen- to, estremamente esigua, non giustificherebbe, fintanto che si mantiene tale, l’investimento) o a condizioni in cui la difficoltà tecnica di installazione comporterebbe ope- re particolarmente onerose."
Leggi l'articolo di Soma a pag 20 della rivista
http://www.progetto2000web.it/assets/re ... 000-51.pdf
ad un certo punto dice:
"La non convenienza economica della contabilizzazione è dunque da ricondursi prevalentemente a circostanze particolari (quali ad esempio edifici a fattore di occupa- zione molto basso, la cui spesa annua di riscaldamen- to, estremamente esigua, non giustificherebbe, fintanto che si mantiene tale, l’investimento) o a condizioni in cui la difficoltà tecnica di installazione comporterebbe ope- re particolarmente onerose."