parliamone (se ne abbiamo voglia, si capisce).
la sostanza della politica energetica europea dell'ultimo decennio è che si è spesa una valanga di miliardi (anche a carico di futuri debiti) per installare nuova capacità di generazione elettrica in un sistema energetico che non aveva ancora finito di pagare quella vecchia già in esercizio, mentre i consumi calavano.
questo se in germania aveva un senso preciso (avere una sovrapproduzione tale da poter progressivamente spegnere impianti nucleari obsoleti su cui nessuno aveva voglia di investire un centesimo, e contemporaneamente creare una nuova industria tecnologicamente avanzata di produzione di impianti rinnovabili), in italia è stato solamente un suicidio, in cui si era appena incentivata la trasformazione dei vecchi cicli a vapore in CCGT combinati (aumentando l'efficienza di oltre 15 punti percentuali e quindi creando una forte quota di nuova potenza produttiva praticamente dal nulla; tra parentesi, nel farlo le emissioni si sono ridotte del doppio di quanto ottenuto da FV+eolico+biomasse insieme, e senza un euro a carico dei cittadini), e subito dopo si ripartiva nuovamente ad incentivare altra potenza, in uno scenario di consumi calanti (che poi si è aggravato dopo il 2008 per via della crisi, in un circolo che si autoalimenta).
alla fine del giro di giostra, la germania si trova ad aver ottenuto solo in parte i risultati voluti (è nelle condizioni di spegnere gli impianti nucleari, ma solo per sostituirli con il carbone, e tutte le sue industrie fotovoltaiche ed eoliche di grande dimensione sono fallite, o sono state acquisite da competitor esteri, tanto che nei primi 10 big del FV c'è un solo player europeo, e non è tedesco ma norvegese, ed è norvegese solo di nome, visto che le fabbriche ce le ha a singapore). tanto è vero che nel 2011 come nel 2012 (e tutto lascia pensare anche nel 2013), le emissioni di francia, germania ed Inghilterra sono aumentate, non calate, a causa del maggiore ricorso al carbone operato per dare corso allo switch off nucleare.
e l'italia? in italia abbiamo tre volte la potenza installata che ci serve (130 GW contro 50 di picco di consumi, con oltre 20 GW di interconnessioni con francia, svizzera, slovenia e grecia), tutte le utility hanno bruciato in borsa un valore paragonabile a quello delle incentivazioni erogate, la produzione industriale ha fatto un balzo indietro che ci ha riportati a trent'anni fa, e nonostante il prezzo di produzione dell'elettricità sia il più basso di sempre i prezzi al consumo sono talmente alti che c'è una fuga generalizzata (sia dalla rete elettrica, per chi autoproduce, sia dal paese proprio, per chi delocalizza).
la desertificazione del sistema industriale è almeno servita ad ottenere risultati ambientali significativi? assolutamente no, giacchè complessivamente (sommando lo sforzo combinato di tutti i paesi europei) si è ottenuta una riduzione delle emissioni dell'ordine del 3% del totale mondiale. emissioni che però negli ultimi 10 anni (mentre noi ci svenavamo per ridurle del 3%) a livello mondiale aumentavano del 12%, con il risultato finale che non solo non si è invertito il trend, ma non si è neppure intaccato l'ordine di grandezza del trend stesso, che è rimasto praticamente uguale.
il fallimento è ancora più fragoroso se si considera che non abbiamo nemmeno ridotto la dipendenza dall'estero: se si va a guardare il carico fiscale e i vari ricarichi che subiscono nei loro numerosi passaggi, più dell'80% del valore delle fonti fossili rimane in italia, e genera benessere qui da noi; per le rinnovabili, considerato che i generatori vengono importati, questa percentuale è molto inferiore, e spesso al di sotto del 50%.
perciò il disastro è completo, sotto tutti gli indicatori: sicurezza (degli approvvigionamenti, intendo), ambiente, economia, industria, società.
oggi come oggi ci troviamo a fronteggiare un quadro di regole europee che obbliga (sostanzialmente) gli edifici ad utilizzare il vettore elettrico spendendo circa 3x rispetto a prima per l'impiantistica dedicata alla climatizzazione (per tacere di quello che si spende per il sovraisolamento: ma fingiamo che quella sia una spesa sensata), salvo poi scoprire che i nuovi impianti super-efficienti hanno un costo di esercizio SUPERIORE a quello della vecchia scalcinata caldaia.
come avrò modo di spiegare il 28 a bologna al convegno robur (messaggio pubblicitario

), appena abbandoniamo il confortevole recinto del residenziale, ad es. in un piccolo albergo, la pompa di calore elettrica aria/acqua per costare meno della cara vecchia caldaia (quella a resa 94%, non 111%) dovrebbe avere un COP medio stagionale pari almeno a 5,3 quando nella realtà è già tanto se va sopra 3,5.
qual è la medicina che si è trovato per attenuare il problema della sovracapacità? è quella di spingere con tutte le forze possibili verso il cosiddetto fuel switching, cioè la sostituzione di parte dei consumi di combustibili con consumi di elettricità, senza riguardo per la sostenibilità economica dell'operazione. in questo modo si prelevano forzosamente dalle tasche di chi costruisce nuovi edifici ingenti risorse economiche, che vanno a ripianare il disastro fatto in precedenza, che ha alterato i valori di mercato in modo oramai irreversibile, mettendoci di fronte all'alternativa tra far fallire le utility, vedi il caso sorgenia, o taglieggiare i cittadini per tenerle in vita artificialmente (e poi qualcuno si stupisce che l'edilizia entra in crisi a propria volta: ma questa è un'altra storia).
sono ovviamente in buona parte sogni ad occhi aperti (dall'auto elettrica alle pompe di calore elettriche nel terziario: tutte follie suicide, che fanno numeri pari a 1/100 delle care vecchie caldaie e automobili endotermiche, perché l'utente finale non è stupido): gli unici che da sogni sono diventati realtà sono quelli imposti coercitivamente, o con imposizioni fiscali esagerate, o con obblighi normativi cogenti, o con entrambe le cose.
il che è ovvio, giacchè il decennio ci lascia caricati di centinaia di miliardi di debiti, stipulati per produrre una cosa di cui c'è straordinaria sovrabbondanza, con la speranza ora di scaricarli allegramente sui consumatori finali, mentre a) il resto del mondo allegramente se ne strasbatte, e accetta volentieri le produzioni industriali che noi espelliamo e b) avremmo potuto investirli per consumare meno con esiti infinitamente migliori, anche e SOPRATTUTTO dal punto di vista ambientale.
per noi italiani la condanna è duplice, vista la posizione di preminenza che la nostra industria ha (aveva?) nel settore dei componenti tradizionali ad alta efficienza, e che facciamo di tutto per ostacolare e comprimere nei fatturati.
adesso sentiamo cosa c'è di buono nella politica europea secondo lantschner (o erlacher? o klammsteiner? ah, ecco, lantschner)
