perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti z
Moderatore: Edilclima
perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti z
Buonasera volevo chiedere un'informazione sull'utilizzo dei coefficienti di z per la valutazione delle perdite di carico localizzate.
Caso di una tubazione di mandata sulla quale è installato un raccordo a T. Nel T entra la portata q1, ed escono q2 in linea e q3 nel senso ortogonale.
In letteratura vi sono dei coefficienti Zx per la diramazione ad angolo e Zy per la diramazione dritta (che se non sbaglio valgono 1 in entrambi i casi).
Detti coefficienti vanno applicati ai tratti di tubazione in cui ho q2 e q3 (e quindi v2 e v3)?
Come si ragiona?
Grazie
Caso di una tubazione di mandata sulla quale è installato un raccordo a T. Nel T entra la portata q1, ed escono q2 in linea e q3 nel senso ortogonale.
In letteratura vi sono dei coefficienti Zx per la diramazione ad angolo e Zy per la diramazione dritta (che se non sbaglio valgono 1 in entrambi i casi).
Detti coefficienti vanno applicati ai tratti di tubazione in cui ho q2 e q3 (e quindi v2 e v3)?
Come si ragiona?
Grazie
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
scusa la brutalità, ma chi te lo fa fare di calcolare le perdite per ogni singolo pezzo speciale?
non ti potresti accontentare di ragionare "a percentuale" sulle perdite continue del tubo?
non ti potresti accontentare di ragionare "a percentuale" sulle perdite continue del tubo?
riccardo - affetto da superbonus
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Dovremmo però capire quali sono queste percentuali altrimenti faremmo la fine delle UNI 11300 !
UNI 11300....no grazie, non faccio fumo !
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
tra il 20 e il 40 % ?
riccardo - affetto da superbonus
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Addirittura La precisione prima di tutto.gararic ha scritto:agionare "a percentuale" sulle perdite continue del tubo?
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Molto semplicemente devo bilanciare un impianto, voglio quindi conoscere le perdite di carico di ogni singolo circuito e poi procedere alla fase di bilanciamento.
Da quel che ho trovato in letteratura per la diramazione, sia essa ad angolo oppure diretta, la velocità da utilizzare per il calcolo della perdita localizzata è quella che ha il fluido in arrivo al pezzo speciale.
Sul fatto di considerare le perdite localizzate come una percentuale di quelle distribuite, credo si possa farlo dopo aver calcolato in maniera precisa almeno una cinquantina di impianti e comunque si rimane sempre nel dubbio.
Ora pero mi sorge un quesito: voi come dimensionate di solito gli impianti chiusi ad acqua (riscaldamento o refrigerazione)?
Grazie
Da quel che ho trovato in letteratura per la diramazione, sia essa ad angolo oppure diretta, la velocità da utilizzare per il calcolo della perdita localizzata è quella che ha il fluido in arrivo al pezzo speciale.
Sul fatto di considerare le perdite localizzate come una percentuale di quelle distribuite, credo si possa farlo dopo aver calcolato in maniera precisa almeno una cinquantina di impianti e comunque si rimane sempre nel dubbio.
Ora pero mi sorge un quesito: voi come dimensionate di solito gli impianti chiusi ad acqua (riscaldamento o refrigerazione)?
Grazie
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
perchè, tu calcoli i tubi con 3 cifre decimali uno per uno, ogni tratto con la portata effettiva e poi tutti i pezzi speciali .. .. quando poi la termostatica del radiatore da sola perde 4-5 volte di più di tutta la distribuzione? per non parlare di valvole a 3 vie più batterie in UTA . . .SuperP ha scritto:Addirittura La precisione prima di tutto.gararic ha scritto:agionare "a percentuale" sulle perdite continue del tubo?
riccardo - affetto da superbonus
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Era una battuta!! Azz che permaloso!gararic ha scritto:perchè, tu calcoli i tubi con 3 cifre decimali uno per uno,
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Se hai circuiti a portata variabile, ti risulta impossibile con quel sistema.Donzauker ha scritto:Molto semplicemente devo bilanciare un impianto,
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Ho un banale impianto di riscaldamento a radiatori già eseguito, con valvola termostatizzabile, ma senza testina, con pompa a portata costante.
Vorrei indagare sulle perdite dei singoli circuiti e provare a tarare i detentori per bilanciarlo.
Probabilmente, siccome i diametri sono abbondanti e la distribuzione è del tipo tradizionale (andata e ritorno che i vari stacchi ai radiatori), non riusirò mai a bilanciarlo coi soli detentori, ma perlomeno volevo provare ad indagare il tutto in modo analitico.
Comunque, alla mia domanda iniziale, non ha risposto ancora nessuno....come si ragiona per la perdita localizzata nella diramazione a T?
Vorrei indagare sulle perdite dei singoli circuiti e provare a tarare i detentori per bilanciarlo.
Probabilmente, siccome i diametri sono abbondanti e la distribuzione è del tipo tradizionale (andata e ritorno che i vari stacchi ai radiatori), non riusirò mai a bilanciarlo coi soli detentori, ma perlomeno volevo provare ad indagare il tutto in modo analitico.
Comunque, alla mia domanda iniziale, non ha risposto ancora nessuno....come si ragiona per la perdita localizzata nella diramazione a T?
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
secondo me stai cercando di fare una cos veramente troppo precisa, comunque
io ho trovato coeff. pari a 1,5 e non uno, e lo applicherei alla portata entrante nel TEE
da lì in poi riparti con le perdite distribuite sulle due diramazioni
io ho trovato coeff. pari a 1,5 e non uno, e lo applicherei alla portata entrante nel TEE
da lì in poi riparti con le perdite distribuite sulle due diramazioni
riccardo - affetto da superbonus
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
La perdita di carico per l'accidentalità la calcoli con la seguente formula
6,332*G^2*D^4*Z
Dove
G è la portata in kg/h
D è il diametro in mm
Z è il coefficiente dell'accidentalità. Nel tuo caso 0,5 per q2 e 1,5 per q3.
Ciò detto, sono d'accordo con i Colleghi che il calcolo così puntuale è esagerato considerato, poi, che l'impianto è esistente
6,332*G^2*D^4*Z
Dove
G è la portata in kg/h
D è il diametro in mm
Z è il coefficiente dell'accidentalità. Nel tuo caso 0,5 per q2 e 1,5 per q3.
Ciò detto, sono d'accordo con i Colleghi che il calcolo così puntuale è esagerato considerato, poi, che l'impianto è esistente
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Le perdite di carico accidentali si calcolano con diversi metodi. I più utilizzati sono quello delle lunghezze equivalenti e dei coefficienti z.
Spesso si ricorre anche ad entrambi per ridurre l'errore. I coefficienti sono tutti sperimetali e sono stati studiati a fondo da E. Idel'chik "Fluid Dynamics of Industrial Equipment: Flow Distribution Design Methods", English Edition
Edited by Norman A. Decker, Hemisphere Publishings Co., 1991 (l'originale è in russo).
Se guardi le tabelle, sarai sorpreso, perché troverai molte situazioni con coefficienti negativi. Questo fa capire perché certi impianti non si bilanciano o l'acqua non arriva dove uno pensa arrivi più facilmente.
La velocità da considerare dovrebbe essere quella della diramazione e, talvolta, il rapporto tra le velocità è determinante.
Conta anche la tubolenza sulle pareti, che gioca brutti scherzi. Esempio banale: se hai un tubo da DN 100 in cui scorre acqua a 2 m/sec e hai bisogno di 20 litri/ora su una diramazione a 90°, avrai, di fatto, portata di 1 l/ora se la diramazione è realizzata con tubo da DN10. Se aumenti la prevalenza della pompa pensando di risolvere il problema, arriverai a portata zero.
Credo che la valutazione ad occhio richieda molta esperienza e sensibilità e non è applicabile se non per impianti molto definiti.
Con l'avvento delle pompe a velocità variabile, molte approssimazioni possono essere corrette, ma non sempre. Per quel che mi riguarda, calcolo ad occhio per perdite continue, ma non quelle accidentali, di gran lunga le più insidiose e pesanti (vedi le valvole, i filtri, ecc.). I radiatori non hanno perdite elevate, a mano che non siano speciali.
Spesso si ricorre anche ad entrambi per ridurre l'errore. I coefficienti sono tutti sperimetali e sono stati studiati a fondo da E. Idel'chik "Fluid Dynamics of Industrial Equipment: Flow Distribution Design Methods", English Edition
Edited by Norman A. Decker, Hemisphere Publishings Co., 1991 (l'originale è in russo).
Se guardi le tabelle, sarai sorpreso, perché troverai molte situazioni con coefficienti negativi. Questo fa capire perché certi impianti non si bilanciano o l'acqua non arriva dove uno pensa arrivi più facilmente.
La velocità da considerare dovrebbe essere quella della diramazione e, talvolta, il rapporto tra le velocità è determinante.
Conta anche la tubolenza sulle pareti, che gioca brutti scherzi. Esempio banale: se hai un tubo da DN 100 in cui scorre acqua a 2 m/sec e hai bisogno di 20 litri/ora su una diramazione a 90°, avrai, di fatto, portata di 1 l/ora se la diramazione è realizzata con tubo da DN10. Se aumenti la prevalenza della pompa pensando di risolvere il problema, arriverai a portata zero.
Credo che la valutazione ad occhio richieda molta esperienza e sensibilità e non è applicabile se non per impianti molto definiti.
Con l'avvento delle pompe a velocità variabile, molte approssimazioni possono essere corrette, ma non sempre. Per quel che mi riguarda, calcolo ad occhio per perdite continue, ma non quelle accidentali, di gran lunga le più insidiose e pesanti (vedi le valvole, i filtri, ecc.). I radiatori non hanno perdite elevate, a mano che non siano speciali.
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
La mia "meticolosità" nel voler verificare questo impianto sta nel fatto che è quello che è ho in casa e volevo vedere se bilanciandolo ottengo dei giovamenti in un locale che mi rimane più freddo degli altri (sicuramente perchè più esposto, ma magari potrei far circolare più acqua in quel radiatore).
Io non mi occupo di progettazione, ma mi piacerebbe farlo e vorrei capire come calcolate gli impianti "semplici" di riscaldamento o condizionamento (ventilconvettori).
Io parto dal fabbisogno del locale, scelgo il salto termico e mi ricavo la portata del terminale. Vado a ritroso fino al generatore o al gruppo frigo e così conosco teoricamente tutte le portate che dovrebbero circolarmi per l'impianto. Dimensiono le tubazioni, verifico le perdite (continue + localizzate...avendo voglia...). Poi si dovrebbe trovare il percorso più sfavorito e tarare i detentori degli altri terminali in modo che con la portata di progetto la perdita di carico di quel circuito sia pari a quella del circuito più sfavorito.....ma con questo modo spessissimo non ce la faccio perchè a volte dovrei strozzare così tanto il detentore quasi da chiuderlo (mi capita se stacco uno scaldasalvietta da 500 watt a 1 metro dalla dorsale e poi la dorsale mi prosegue per 8-10 metri all'ultimo radiatore che deve darmi magari 1600 watt. In questo caso dovrei giocare coi diametri e serivire lo scaldasalviette con un 8-10 mm in modo da aumentare la perdita distribuita, mentre l'ultimo terminale è servito con un 14 mm..... tanto poi chi costruisce l'impianto farà tutti e due gli stacchi col 14 )
Il fatto è che, in un circuito chiuso, per eseguire una verifica veritiera delle portate effettivamente circolanti una volta nota la geometria dello stesso ed i diametri delle tubazioni occorerebbe utilizzare un software: metodo di cross o cose simili......
Voi come progettate? Usate dei software o semplici fogli di calcolo?
Io non mi occupo di progettazione, ma mi piacerebbe farlo e vorrei capire come calcolate gli impianti "semplici" di riscaldamento o condizionamento (ventilconvettori).
Io parto dal fabbisogno del locale, scelgo il salto termico e mi ricavo la portata del terminale. Vado a ritroso fino al generatore o al gruppo frigo e così conosco teoricamente tutte le portate che dovrebbero circolarmi per l'impianto. Dimensiono le tubazioni, verifico le perdite (continue + localizzate...avendo voglia...). Poi si dovrebbe trovare il percorso più sfavorito e tarare i detentori degli altri terminali in modo che con la portata di progetto la perdita di carico di quel circuito sia pari a quella del circuito più sfavorito.....ma con questo modo spessissimo non ce la faccio perchè a volte dovrei strozzare così tanto il detentore quasi da chiuderlo (mi capita se stacco uno scaldasalvietta da 500 watt a 1 metro dalla dorsale e poi la dorsale mi prosegue per 8-10 metri all'ultimo radiatore che deve darmi magari 1600 watt. In questo caso dovrei giocare coi diametri e serivire lo scaldasalviette con un 8-10 mm in modo da aumentare la perdita distribuita, mentre l'ultimo terminale è servito con un 14 mm..... tanto poi chi costruisce l'impianto farà tutti e due gli stacchi col 14 )
Il fatto è che, in un circuito chiuso, per eseguire una verifica veritiera delle portate effettivamente circolanti una volta nota la geometria dello stesso ed i diametri delle tubazioni occorerebbe utilizzare un software: metodo di cross o cose simili......
Voi come progettate? Usate dei software o semplici fogli di calcolo?
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
il tuo intento è senz'altro meritorio ...
ma non a caso vanno così di moda i modul
ma non a caso vanno così di moda i modul
riccardo - affetto da superbonus
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Il bilanciamento di un impianto lo puoi ottenere in due modiDonzauker ha scritto:Voi come progettate? Usate dei software o semplici fogli di calcolo?
- tramite organo di taratura (detentore)
- equilibrando le portate
Col primo metodo riesci a dimensionare i corpi scaldanti con un ben preciso salto termico.
Col secondo metodo il numero degli elementi lo ottieni dopo aver calcolato le portate che rendono ciascun circuito idraulicamente bilanciato agli altri (senza intervento dei detentori). La conseguenza è che ciascun corpo scaldante avrà il suo salto termico.
Il primo metodo, secondo me, oggi non ha più tanto senso. Per due motivi.
1. chi ti garantisce che in cantiere i detentori verranno tarati come si deve? Nessuno.
2. se riesci a rispettare le condizioni di buon funzionamento delle valvole termostatiche (obbligatorie per gli impianti installati dopo l'entrata in vigore del D.P.R. 412/1993) saranno loro stesse a garantire le giuste portate richieste dai radiatori ed in ogni condizioni di funzionamento.
In pratica, potresti progettare in due modi:
- attraverso un calcolo idraulico rigoroso
- attraverso un calcolo semplificato.
Col primo metodo, che richiede l'ausilio di un software, riusciresti a dimensionare l'impianto rigorosamente con la esatta banda proporzionale da te voluta per il funzionamento delle valvole termostatiche (ovviamente, nei limiti di errore del modello che sta alla base delle varie formule).
Nel secondo metodo, invece, in virtù dell'autoequilibratura delle termostatiche, puoi dimensionare i radiatori col salto termico da te desiderato (15-20 °C). Dovrai "a posteriori" verificare che: sussistono le condizioni di buon funzionamento delle valvole termostatiche [è bene che su queste non agisca una differenza di pressione maggiore di 1800 mm.c.a. (col metodo rigoroso questa verifica, ovviamente, la dovrebbe fare il software)]; verificare che le velocità siano nei limiti; controllare, per il radiatore che richiede più potenza, se le condizioni di portata e pressione garantiscano una banda proporzionale inferiore o uguale a quella desiderata.
Infine, i detentori potrebbero avere la loro utilità in presenza di impianti particolarmente estesi al fine di evitare dei transitori iniziali troppo lunghi. Tuttavia anche allo scopo vengono in aiuto le valvole termostatiche dotate di sistemi di preregolazione (in pratica, un sistema che limita la corsa dell'otturatore).
Dai una lettura al Quaderno n° 3 della Caleffi [e già che stai sul loro sito (mi scusino quelli di Edilclima... ho comunque lo EC611) scarica anche il loro software] e alle dispense dell'Ing. Socal sulle valvole termostatiche dal sito della Klimit Hertz.
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Calma. Devi trovare allora il punto di lavoro della pompa, quindi ricalcolarti la portata, la potenza e quindi il salto termico. Rifare i conti delle perdite di carico, sperando che i coefficienti di rugosità siano uguali ovunque...Donzauker ha scritto:Io parto dal fabbisogno del locale, scelgo il salto termico e mi ricavo la portata del terminale. Vado a ritroso fino al generatore o al gruppo frigo e così conosco teoricamente tutte le portate che dovrebbero circolarmi per l'impianto.
Io ti consiglio una cosa semplice. Sai, io sono un non termotecnico. Spendi 4 soldi e metti 4 testine termostatiche. Ti si risolve in automatico il problema. I detentori li lasci tutti aperti, al limite strizzi un po' quelli dei radiatori sovradimensionati.. e lascia il termostato a 20 °C su 24 ore.
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
quoto mimmo e super...
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
so che rischio di fare la brutta figura del pigrone (per non dire peggio) . . .SuperP ha scritto:Devi trovare allora il punto di lavoro della pompa, quindi ricalcolarti la portata, la potenza e quindi il salto termico. Rifare i conti delle perdite di carico, sperando che i coefficienti di rugosità siano uguali ovunque...
ma davvero vale la pena fare calcoli iterati per l'impianto di riscaldamento di un appartamento?
perchè poi capita mai che l'idraulico segua veramente i percorsi dei tubi previsti da progetto, o che usi tutti tubi in rame dello stesso diametro anzichè differenziati da 12 e 14 come da progetto?
allora cosa si fa, sopralluogo in cantiere, rilievo delle tubazioni as-buil, ricalcolo di tutto? e se poi scopri che il radiatore nella stanza d'angolo rende 2,73 W in meno, cosa succede?
avevate in tasca gli adeguati margini di sicurezza o prescrivete l'aggiunta di un ulteriore strato di intonaco termosolante di 0,72 mm, in mdo da ridurre le dispersioni?
nessuno si offenda, eh, scherzo perchè è venrdì pomeriggio, piove e ci vuol un pò di ilarità nella vita
riccardo - affetto da superbonus
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Credo che Nessuno qui dentro si metta a fare calcoli ricorsivi. Specie se poi ci sono dei buoni applicativi gratuiti che lo fanno. Lo si può fare giusto così per divertimento termotecnico (di fatto, una perversione) con due/tre radiatori. Oltre è da folli.so che rischio di fare la brutta figura del pigrone (per non dire peggio) . . .
ma davvero vale la pena fare calcoli iterati per l'impianto di riscaldamento di un appartamento?
Parafrasando SuperP... Ma va làperchè poi capita mai che l'idraulico segua veramente i percorsi dei tubi previsti da progetto... allora cosa si fa, sopralluogo in cantiere, rilievo delle tubazioni as-buil, ricalcolo di tutto? e se poi scopri che il radiatore nella stanza d'angolo rende 2,73 W in meno, cosa succede?
avevate in tasca gli adeguati margini di sicurezza o prescrivete l'aggiunta di un ulteriore strato di intonaco termosolante di 0,72 mm, in mdo da ridurre le dispersioni?
Be dai, su questo la D.L. potrebbe stare un po' più attenta.o che usi tutti tubi in rame dello stesso diametro anzichè differenziati da 12 e 14 come da progetto?
Questo è poco ma sicuronessuno si offenda, eh, scherzo perchè è venrdì pomeriggio, piove e ci vuol un pò di ilarità nella vita
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Certo che no!!! Nemmeno per molte altre situazioni..gararic ha scritto:ma davvero vale la pena fare calcoli iterati per l'impianto di riscaldamento di un appartamento?
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
20 gradi per 24h? E perché non lasciare anche le finestre aperte in soggiorno durante la notte?SuperP ha scritto:Io ti consiglio una cosa semplice. Sai, io sono un non termotecnico. Spendi 4 soldi e metti 4 testine termostatiche. Ti si risolve in automatico il problema. I detentori li lasci tutti aperti, al limite strizzi un po' quelli dei radiatori sovradimensionati.. e lascia il termostato a 20 °C su 24 ore.
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
quali sono questi applicativi gratuiti che farebbero i calcoli e dove si possono scaricare?
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Urca mat.. ti ci metti anche tu? Eppure che mi eri simpatico e volevo farti entrare in una cerchia ristretta tipo massonica...mat ha scritto:20 gradi per 24h? E perché non lasciare anche le finestre aperte in soggiorno durante la notte?
Nelle abitazioni, quanto l'occupazione è continua e ci sono le VT, impostare 20°C su 24h (le camere da letto se vuole dormire + fresco le regola con la pt) permette di avere sicuramente una uniformità maggiore di temperatura, che è il suo problema. Poi sicuramente con un edifcio con costante di tempo sotto le 50h, come penso sia il suo appartamento, il confort lo ottieni ..
Vouole risparmiare (economicamente forse, in comfort sicuro)? Allora che faccia 3 livelli di temperatura. Per le ore in cui è in casa 21°C, quando è fuori 18°C e la notte 15°C.
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
http://bit.ly/QLnS5nDonzauker ha scritto:quali sono questi applicativi gratuiti che farebbero i calcoli e dove si possono scaricare?
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Ecco diciamo che concordo con quest'ultima ipotesi: di notte anche 16, onde raggiungere più rapidamente i 20 alla bisogna. Questo per risparmiare (che era il senso del mio commento), dacchè il comfort è un concetto relativo che varia da persona a persona: mediamente comunque se tieni 16°C dormi con le coperte pesanti o col piumone, se tieni 20°C dormi col lenzuolino o col piumino leggero (ikea livello 1 per intenderci ). Cosa quest'ultima che per me è demenziale: il regime continuato lasciamolo per gli aceSuperP ha scritto: Urca mat.. ti ci metti anche tu? Eppure che mi eri simpatico e volevo farti entrare in una cerchia ristretta tipo massonica...
Nelle abitazioni, quanto l'occupazione è continua e ci sono le VT, impostare 20°C su 24h (le camere da letto se vuole dormire + fresco le regola con la pt) permette di avere sicuramente una uniformità maggiore di temperatura, che è il suo problema. Poi sicuramente con un edifcio con costante di tempo sotto le 50h, come penso sia il suo appartamento, il confort lo ottieni ..
Vouole risparmiare (economicamente forse, in comfort sicuro)? Allora che faccia 3 livelli di temperatura. Per le ore in cui è in casa 21°C, quando è fuori 18°C e la notte 15°C.
ps: ti ringrazio per avermi tenuto in conto, se si tratta di una loggia tipo quella degli Spaccapietre (vd. Simpson) accetto volentieri
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Questa mi fa sempre scassare dal ridereSuperP ha scritto:http://bit.ly/QLnS5nDonzauker ha scritto:quali sono questi applicativi gratuiti che farebbero i calcoli e dove si possono scaricare?
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Allora.mat ha scritto:Ecco diciamo che concordo con quest'ultima ipotesi: di notte anche 16, onde raggiungere più rapidamente i 20 alla bisogna. Questo per risparmiare (che era il senso del mio commento), dacchè il comfort è un concetto relativo che varia da persona a persona: mediamente comunque se tieni 16°C dormi con le coperte pesanti o col piumone, se tieni 20°C dormi col lenzuolino o col piumino leggero (ikea livello 1 per intenderci ). Cosa quest'ultima che per me è demenziale: il regime continuato lasciamolo per gli ace
Se da 16°C devi passare a 20°C la caldia dovrà forzatamente mettere più potenza, che in buona parte di vanifica il risparmio. Inutile dire il confronto con le auto. Risparmi di + andando alla stessa velocità che non accellerare e rallentare per poi ridare gas etc.
Come dice un fisico edile che conosco, uno che ha fatto il dottorato di ricerca con Feist, in fisica ci si perde sempre.
Per il confort idem. Fare oscillare la temperatura interna, comporta una riduzione olltre che della T dell'aria anche della T della pareti pavimenti e soffitti, il che fa stare in disconfort sicuro.
E' una cosa per pochi "eletti" (si fa un giuramento anti qualcosa, e poi ci si confronta spesso su argomenti del lavoro, poi per non annoiarsi ogni tanto qualcuno parla di gnaggna...)mat ha scritto:ps: ti ringrazio per avermi tenuto in conto, se si tratta di una loggia tipo quella degli Spaccapietre (vd. Simpson) accetto volentieri
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Sì, ma se in autostrada fai metà percorso a 130, e metà a 100, consumi di più o di meno che farla tutta a 130? Anche considerando l'accelerazione per passare da 100 a 130, è ovvio che consumerai meno nella prima ipotesi...SuperP ha scritto:Se da 16°C devi passare a 20°C la caldia dovrà forzatamente mettere più potenza, che in buona parte di vanifica il risparmio. Inutile dire il confronto con le auto. Risparmi di + andando alla stessa velocità che non accellerare e rallentare per poi ridare gas etc.
Logico che non ha senso far oscillare la temperatura dieci volte al giorno, ma 2-3 gradini nell'arco delle 24 ore convengono più del regime continuato (perlomeno nella grande maggioranza dei casi, dati alla mano).
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Tu dici? Io ricordo, dall'esame di Macchine, che per un motore a c.i. il rendimento assume i valori massimi (e quindi i consumi sono al minmo) in prossimità del pieno carico per cui il motore è stato progettato. Però, è passato tempo da detto esamemat ha scritto:Sì, ma se in autostrada fai metà percorso a 130, e metà a 100, consumi di più o di meno che farla tutta a 130? Anche considerando l'accelerazione per passare da 100 a 130, è ovvio che consumerai meno nella prima ipotesi...SuperP ha scritto:Se da 16°C devi passare a 20°C la caldia dovrà forzatamente mettere più potenza, che in buona parte di vanifica il risparmio. Inutile dire il confronto con le auto. Risparmi di + andando alla stessa velocità che non accellerare e rallentare per poi ridare gas etc.
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Mimmo, va bene che è sabato, però: rileggi la bestialità che hai scritto dai!Mimmo_510859D ha scritto:Tu dici? Io ricordo, dall'esame di Macchine, che per un motore a c.i. il rendimento assume i valori massimi (e quindi i consumi sono al minmo) in prossimità del pieno carico per cui il motore è stato progettato. Però, è passato tempo da detto esame
E se non sei ancora convinto, vai in autostrada con la macchina, pigia a 100, poi a 130, e guarda la differenza di consumo istantaneo sul trip computer
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Dai mat, se proprio devi contraddire la mia frase tirami fuori una curva di rendimento o di consumo specifico. Fare riferimento al consumo istantaneo del trip computer è una bestialità più grossa di quella che poteri aver scritto (potrebbe anche essere: ripeto l'esame di Macchine lo ho sostenuto un po' di tempo fa): è ovvio che il motore per andare a 130 km/h richieda più potenza termica, e quindi una portata di combustibile istantanea, maggiore di quella richiesta per andare a 100 km/h. Ma fai il rapporto tra consumo istantaneo e velocità. Poi, ovvio, che se vai con una cariola tipo Uno, 127, (vecchia) 500 allora sì, può essere che oltre i 100km/h si sia superato il punto di max rendimento.
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
L'esempio automobilistico non calza per nulla.
Il consumo per dispersione termica va con il DeltaT (lineare), quello meccanico col quadrato della velocità (più il fisso per attrito di ruote e meccanismi).
Chi ha una casa con una costante di tempo cosi piccola da passare da 20 a 15 gradi in poche ore? (casa in legno monostrato in siberia?)
In ogni caso, con edifici a basso isolamento conviene modulare la temperatura, con edifici molto isolati, questa resta in ogni caso praticamente costante, per mia esperienza.
Il consumo per dispersione termica va con il DeltaT (lineare), quello meccanico col quadrato della velocità (più il fisso per attrito di ruote e meccanismi).
Chi ha una casa con una costante di tempo cosi piccola da passare da 20 a 15 gradi in poche ore? (casa in legno monostrato in siberia?)
In ogni caso, con edifici a basso isolamento conviene modulare la temperatura, con edifici molto isolati, questa resta in ogni caso praticamente costante, per mia esperienza.
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Mimmo, lascia stare il ripasso di Macchine...possiamo restare più terra a terra: stavamo parlando di consumi, hai scritto che un auto consuma meno andando a 130 km/h piuttosto che a 100... Una roba da stracciarti la laurea in faccia diomio!!Mimmo_510859D ha scritto:Dai mat, se proprio devi contraddire la mia frase tirami fuori una curva di rendimento o di consumo specifico. Fare riferimento al consumo istantaneo del trip computer è una bestialità più grossa di quella che poteri aver scritto (potrebbe anche essere: ripeto l'esame di Macchine lo ho sostenuto un po' di tempo fa): è ovvio che il motore per andare a 130 km/h richieda più potenza termica, e quindi una portata di combustibile istantanea, maggiore di quella richiesta per andare a 100 km/h. Ma fai il rapporto tra consumo istantaneo e velocità. Poi, ovvio, che se vai con una cariola tipo Uno, 127, (vecchia) 500 allora sì, può essere che oltre i 100km/h si sia superato il punto di max rendimento.
E infatti qua sopra ti rimangi tutto dicendo "è ovvio che il consumo istantaneo sia maggiore"... e allora di che parliamo?
Se poi tu preferisci consumare a manetta ma fregiarti con gli amici al bar di "sfruttare il massimo rendimento" sono fatti tuoi
Per quanto riguarda quello che ha scritto giò commento domani che si è fatta una certa e la branda mi reclama
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
mat, mio nonno, ed anche il tuo, vivevano in passiv haus. E i nonni di tutti qui.
Scaldavano con la cucina a legna 1 stanza, con le ceneri poi e degli antichi scaldotti scaldavano il letto sotto le lenzuola.
Il confort ovviamente non era ideale.
Idem ora. Se mi fai un paragona di tenere a 16°C (spento) il riscaldamento della casa e poi accenderlo a manetta a 20 per 6/7 ore allora, FORSE spendi meno. Ma hai molto meno confort, possibilità o sicurezza di muffe.
Se invece dici di spegnere il riscaldamento solo di nottte, allora FORSE spendi meno che mantenere sempre a 20°C. Forse perchè quando hai perso di temperatura, la caldaia deve integrare molta + potenza di qella che avrebbe dovuto fare mantenendola a 20°C.
Scaldavano con la cucina a legna 1 stanza, con le ceneri poi e degli antichi scaldotti scaldavano il letto sotto le lenzuola.
Il confort ovviamente non era ideale.
Idem ora. Se mi fai un paragona di tenere a 16°C (spento) il riscaldamento della casa e poi accenderlo a manetta a 20 per 6/7 ore allora, FORSE spendi meno. Ma hai molto meno confort, possibilità o sicurezza di muffe.
Se invece dici di spegnere il riscaldamento solo di nottte, allora FORSE spendi meno che mantenere sempre a 20°C. Forse perchè quando hai perso di temperatura, la caldaia deve integrare molta + potenza di qella che avrebbe dovuto fare mantenendola a 20°C.
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Carissimo mat, il paragone automobilistico era stato tirato in mezzo per parlare di consumi di un edificio che, da che mondo e mondo, lo si fa facendo riferimento all'energia e non alla potenza, che trasportato all'esempio dell'auto significa moltiplicare il tuo consumo istantaneo per il tempo impiegato per macinare i km che devi fare con l'automezzo e che sono quelli che tu paghi al distributore di carburante: se devo fare Bari-Roma (supponiamo a velocità costante) agli amici non interessa quanti g/s ha richiesto l'auto in dato istante per andare a 100 km/h piuttosto che a 130 km/s ma quanti litri ho dovuto riboccare nel serbatoio per tornarmene indietro. Non ti piace che si faccia riferimento al rendimento. OK facciamo riferimento al consumo specifico.
Un ultima cosa, cerchiamo di essere più rispettosi.
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Mimmo, innanzitutto il mio è un tono scherzoso di chi rimbecca un collega (in questo caso anche di giovane esperienza) che è inciampato in una cappella madornale; ci sta che si venga bonariamente sfottuti. Se nonostante questo chiarimento ti sentissi ancora offeso, me ne dispiacerei, ma penserei che sei troppo permaloso
Per tornare al discorso dei motori: forse sei uno di quelli che viaggia solo in bicicletta, ma guarda che il consumo istantaneo di un auto si misura in l/km (o km/l volendo) non in l/s...
Io dico che stai agitandoti nelle sabbie mobili, e più ti agiti più sprofondi. Occhio perché se vai a fare 'sti discorsi al bar con i tuoi amici "non inge" rischi di essere preso in giro per anni!
Poi uno si chiede perchè ci sono le barzellette sugli ingegneri
Per tornare al discorso dei motori: forse sei uno di quelli che viaggia solo in bicicletta, ma guarda che il consumo istantaneo di un auto si misura in l/km (o km/l volendo) non in l/s...
Io dico che stai agitandoti nelle sabbie mobili, e più ti agiti più sprofondi. Occhio perché se vai a fare 'sti discorsi al bar con i tuoi amici "non inge" rischi di essere preso in giro per anni!
Poi uno si chiede perchè ci sono le barzellette sugli ingegneri
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
No. Mio nonno, e anche il tuo presumo, stavano al freddo; la casa passiva è un'altra cosa mi auguro (tra noi due l'esperto sei senz'altro tu ).SuperP ha scritto:mat, mio nonno, ed anche il tuo, vivevano in passiv haus. E i nonni di tutti qui.
Scaldavano con la cucina a legna 1 stanza, con le ceneri poi e degli antichi scaldotti scaldavano il letto sotto le lenzuola.
Il confort ovviamente non era ideale.
Idem ora. Se mi fai un paragona di tenere a 16°C (spento) il riscaldamento della casa e poi accenderlo a manetta a 20 per 6/7 ore allora, FORSE spendi meno. Ma hai molto meno confort, possibilità o sicurezza di muffe.
Se invece dici di spegnere il riscaldamento solo di nottte, allora FORSE spendi meno che mantenere sempre a 20°C. Forse perchè quando hai perso di temperatura, la caldaia deve integrare molta + potenza di qella che avrebbe dovuto fare mantenendola a 20°C.
Naturalmente oggi siamo abituati a ben altre agiatezze, anche troppe: quindi è chiaro che il comfort ci vuole. Io però ho l'impressione, anche dagli esempi che fai qui sopra, che tu (e anche giotisi, e anche altri in altre conversazioni come questa) ragioniate troppo con la mentalità dell'edificio di classe A, A+ o addirittura passivo; la realtà come sappiamo è ben diversa.
Nota a margine: se fosse davvero (e non dico che non lo sia, dacché non ho informazioni sufficienti per farlo) come dite voi, ovvero che in un appartamento ad alte/altissime prestazioni si è costretti, per avere "comfort" e risparmiare meno, a tenere 20 °C giorno e notte, preferirei rimanere in un vecchio colabrodo tutta la vita... ma davvero pensate che sia salutare dormire con quelle temperature in inverno? Anche con le meravigliose vmc che vi tengono la giusta umidità e vi mandano aria purissima come di montagna? Mah.
No, tutti gli edifici anni 50÷80 italiani, cioè quasi tutto il patrimonio edilizio nazionale. Peraltro anche la villetta dove abito, anno di costruzione 2008, ieri pomeriggio, temperatura esterna intorno ai 10°C, è scesa di un grado e mezzo in meno di due ore...giotisi ha scritto:Chi ha una casa con una costante di tempo cosi piccola da passare da 20 a 15 gradi in poche ore? (casa in legno monostrato in siberia?)
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Allora hai letto male. E' proprio il contrario. Proprio neglie edifici poco isolati non ha senso, per avere confort, fare oscillare la temperatura. Meglio tenere sempre 19°C che farla oscillare, sia per confort che per consumimat ha scritto: Mio nonno, e anche il tuo presumo, stavano al freddo;
Naturalmente oggi siamo abituati a ben altre agiatezze, anche troppe: quindi è chiaro che il comfort ci vuole. Io però ho l'impressione, anche dagli esempi che fai qui sopra, che tu (e anche giotisi, e anche altri in altre conversazioni come questa) ragioniate troppo con la mentalità dell'edificio di classe A, A+ o addirittura passivo; la realtà come sappiamo è ben diversa.
Hai proprio capito male. Ma proprio tanto mat.mat ha scritto: in un appartamento ad alte/altissime prestazioni si è costretti, per avere "comfort" e risparmiare meno, a tenere 20 °C giorno e notte, preferirei rimanere in un vecchio colabrodo tutta la vita... ma davvero pensate che sia salutare dormire con quelle temperature in inverno? Anche con le meravigliose vmc che vi tengono la giusta umidità e vi mandano aria purissima come di montagna? Mah.
Per la questione temperatura notturna. Ti sfido a trovare, uno studio scientifico in cui sia indicato a che temperatura è meglio dormire di notte per essere + confortevole. Non l'opinione nostra, ma studi scientifici. Vedrai che non ne trovi. Per riprova, prova a sentire qualche medico esperto del sonno. Logico, se dormi a 16°C avrai il piumone ed il naso freddo, se dormi a 19, la trapuntina ed il naso caldo.
Malissimo. Molto male.giotisi ha scritto:ieri pomeriggio, temperatura esterna intorno ai 10°C, è scesa di un grado e mezzo in meno di due ore...
Casa mia, non è una cosa splendida, l'ho riqualificata un po', tranne il pavimento purtroppo. Sono ancora sopra i 20.5°C. E la T si abbassa solo al ricambio d'aria manuale.. (ma forse tra un po' installo vmc).
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
@SUPERP : piano con le citazioni! la mia, che non è certo splendida, perde un paio di gradi nella notte; in taverna, che pure è interrata, mi perde d+... prob per via del camino che aspira (ma un locale fumatori me lo devo tenere, se non voglio affumicare la famiglia intera!)
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Ma stai scherzando?SuperP ha scritto:Allora hai letto male. E' proprio il contrario. Proprio neglie edifici poco isolati non ha senso, per avere confort, fare oscillare la temperatura. Meglio tenere sempre 19°C che farla oscillare, sia per confort che per consumi
Guarda che anche giotisi, che pure mi sembra essere allineato col tuo "modus pensandi", ha poc'anzi scritto il contrario...
Scusa, che cosa avrei capito male? In quanto agli studi scientifici, avessi tempo (e non cel'ho) potrei anche cercare qualcosa; per intanto mi baso sul semplice concetto, risaputo e acclarato, che alte temperature favoriscono la diffusione di germi e batteri molto più di temperature di qualche grado inferiori. E infatti nelle sale di terapia intensiva, checché ne dicano le circolari ministeriali, ho trovato molto spesso temperature piuttosto freddine... persino negli asili nido, mi dicono, si consiglia di tenere la temperatura non troppo alta per evitare "epidemie" tra i bimbi.SuperP ha scritto:Hai proprio capito male. Ma proprio tanto mat.
Per la questione temperatura notturna. Ti sfido a trovare, uno studio scientifico in cui sia indicato a che temperatura è meglio dormire di notte per essere + confortevole. Non l'opinione nostra, ma studi scientifici. Vedrai che non ne trovi. Per riprova, prova a sentire qualche medico esperto del sonno. Logico, se dormi a 16°C avrai il piumone ed il naso freddo, se dormi a 19, la trapuntina ed il naso caldo.
Senza contare che la sola diminuzione di u.r. è di per sè causa di discomfort (e lascia stare la vmc che statisticamente non esiste).
ps: naso freddo a 16 °C sotto le coperte?? Ma dove sei cresciuto, nella bambagia?
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Quindi tu spegni l'impianto di notte? Ma non contraddice quello che vorresti suggerire?giotisi ha scritto:@SUPERP : piano con le citazioni! la mia, che non è certo splendida, perde un paio di gradi nella notte; in taverna, che pure è interrata, mi perde d+... prob per via del camino che aspira (ma un locale fumatori me lo devo tenere, se non voglio affumicare la famiglia intera!)
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Quel che ho detto sopra. Se leggi quel che ho scritto vedrai che hai mal interpretato.SuperP ha scritto: Scusa, che cosa avrei capito male?
A 16°C il naso diventa freddo. Prova.mat ha scritto:In quanto agli studi scientifici, avessi tempo (e non cel'ho) potrei anche cercare qualcosa; per intanto mi baso sul semplice concetto, risaputo e acclarato, che alte temperature favoriscono la diffusione di germi e batteri molto più di temperature di qualche grado inferiori. E infatti nelle sale di terapia intensiva, checché ne dicano le circolari ministeriali, ho trovato molto spesso temperature piuttosto freddine... persino negli asili nido, mi dicono, si consiglia di tenere la temperatura non troppo alta per evitare "epidemie" tra i bimbi.
Te lo dico io allora. Nessuno studio ti darà una temperatura.
Per le sale operatorie, che non sono certo nel mio operare, so che le T sono basse per evitare che i medici sudino, che il sangue sia "fluido" + del dovuto e altre cose, non certo per i batteri, che tra i 16 e i 22°C non distinguono la differenze.
Quella degli asili poi è la cavolata del secolo, scusa. Si baciano, toccano i giocattoli etc.. e tenedo l'aria (viziata) interna a 16°C evitano le epidemie??
Anche fosse vero, vuol dire che di giorno, in casa, siamo soggetti ad un attacco batterico, di notte no. Risultato. Vivere sempre a 16°C per non ammalarsi.
che c'azzecca ora?mat ha scritto:Senza contare che la sola diminuzione di u.r. è di per sè causa di discomfort (e lascia stare la vmc che statisticamente non esiste).
SuperP ha scritto:ps: naso freddo a 16 °C sotto le coperte?? Ma dove sei cresciuto, nella bambagia?
PS: io chiudo qui.
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Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
E no, a questo punto visto che fai affermazioni così dogmatiche, le prove me le dovresti fornire tu... Ho amiche biologhe, chiederò se possono buttarmi giù una relazioneSuperP ha scritto:Te lo dico io allora. Nessuno studio ti darà una temperatura.
Per le sale operatorie, che non sono certo nel mio operare, so che le T sono basse per evitare che i medici sudino, che il sangue sia "fluido" + del dovuto e altre cose, non certo per i batteri, che tra i 16 e i 22°C non distinguono la differenze.
Mannaggia mi sembra di parlare con un robot... di giorno se tengo 16 °C devo viaggiare per casa con la giacca, il che, converrai (non sono tanto sicuro che tu lo faccia, a questo punto ) è un poco scomodo... Di notte posso avvalermi di quegli straordinari oggetti che la scienza tessile ha inventato per dotarne i giacigli; ergo di notte posso abbassare la temperatura, disperdere di meno, ridurre il rischio di prendermi un acciacco e, per quanto mi riguarda, avere più comfort (a me e a tante persone d'inverno piace dormire al calduccio sotto un piumone e non col lenzuolino estivo, ce lo concedi?).SuperP ha scritto:Anche fosse vero, vuol dire che di giorno, in casa, siamo soggetti ad un attacco batterico, di notte no. Risultato. Vivere sempre a 16°C per non ammalarsi.
Che c'azzecca l'umidità relativa? Niente... solo il piccolissimo particolare che se vivi in una casa non particolarmente isolata e vuoi tenere 20 °C anche di notte, l'impianto girerà prevedibilmente parecchio, i radiatori saranno sempre bollenti e l'aria diventerà di una secchezza insopportabile. Col particolare che di giorno puoi aprire la finestra e fare un po' di volgare ricambio, oppure riempire il coccio sul radiatore, di notte se non sei un nottambulo no.
Lo faccio tutte le notti. Mai freddo, parola di lupetto.SuperP ha scritto: A 16°C il naso diventa freddo. Prova.
Va bene. Come al solito, non è mio dovere convincerti di nulla (cosa che peraltro non è mai successa, né mai succederà credo: sei più oltranzista di Papa Ratzinger...). Mi piacerebbe soltanto che mi chiarissi cosa ho mal interpretato delle tue affermazioni, ché a me sembrava di aver compreso bene tutto.SuperP ha scritto:PS: io chiudo qui.
Chiudo ribadendoti, affatto polemicamente, che a mio avviso ragioni troppo coi progetti sulla carta e poco sull'esistente, forse ti manca un po' di "postcommissioning" o perlomeno di lavoro sull'esistente datato... parere umilmente personale del genere "qui lo dico e qui lo nego".
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
Forse perchè non hai una moglie che con 20,5°C costanti (giorno e notte), ti fà dormire con piumone pesante (lei spesso si mette anche la coperta di pile)mat ha scritto:...Mannaggia mi sembra di parlare con un robot... di giorno se tengo 16 °C devo viaggiare per casa con la giacca, il che, converrai (non sono tanto sicuro che tu lo faccia, a questo punto ) è un poco scomodo... Di notte posso avvalermi di quegli straordinari oggetti che la scienza tessile ha inventato per dotarne i giacigli; ergo di notte posso abbassare la temperatura, disperdere di meno, ridurre il rischio di prendermi un acciacco e, per quanto mi riguarda, avere più comfort (a me e a tante persone d'inverno piace dormire al calduccio sotto un piumone e non col lenzuolino estivo, ce lo concedi?).SuperP ha scritto:Anche fosse vero, vuol dire che di giorno, in casa, siamo soggetti ad un attacco batterico, di notte no. Risultato. Vivere sempre a 16°C per non ammalarsi.
Che c'azzecca l'umidità relativa? Niente... solo il piccolissimo particolare che se vivi in una casa non particolarmente isolata e vuoi tenere 20 °C anche di notte, l'impianto girerà prevedibilmente parecchio, i radiatori saranno sempre bollenti e l'aria diventerà di una secchezza insopportabile. Col particolare che di giorno puoi aprire la finestra e fare un po' di volgare ricambio, oppure riempire il coccio sul radiatore, di notte se non sei un nottambulo no....
A dire il vero le finestre si aprono per abbassare l'umidità interna (ho capito cosa intendevi, non ti incaxxare ); cmq, sempre a casa mia, causa "sovraffollamento", l'umidità relativa è sempre piuttosto alta, anche con 20,5 °C, figuriamoci con 16 °C
Re: perdite di carico localizzate: utilizzo dei coefficienti
****o e sei ancora vivo? E i batteri? Io non ti stringeri mai la mano (scherzo!!)cri_15 ha scritto:Forse perchè non hai una moglie che con 20,5°C costanti (giorno e notte), ti fà dormire con piumone pesante (lei spesso si mette anche la coperta di pile A dire il vero le finestre si aprono per abbassare l'umidità interna ; cmq, sempre a casa mia, causa "sovraffollamento", l'umidità relativa è sempre piuttosto alta, anche con 20,5 °C, figuriamoci con 16 °C
Mogli o compagne o amanti a parte, io ho provato a monitorare (anche per contenziosi)... il risultato è che l'umidità di notte nelle camere da letto, a temperatura costante, aumenta.... anche per i pensionati dell'attività notturna.
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